mercoledì 12 dicembre 2012

La società adultocentrica e la PAS


Quali sono i risvolti culturali che permeano le scelte politiche e sociali della vita nel nostro Paese?
 La riflessione si muove dalla constatazione che il mondo infantile è considerato attributo di quello adulto. Ad esempio: la PAS (Sindrome di alienazione parentale).

Parliamone
Benchè tale Sindrome sia stata ufficialmente disconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, essa continua ad essere presente in molti tribunali e,  in latenza, nelle intenzioni di molti ausiliari dei giudici che, eludendo la necessaria fase indagatoria al fine del  riscontro di dati oggettivi, nel caso di conflitti genitoriali si appoggiano ad un uso indiscriminato della psichiatria/psicologia, segnando l’inidoneità di uno dei due genitori quale conseguenza del rifiuto dei figli ad avere relazioni, o rapporti temporalmente uguali, con l’altro genitore. Con l’utilizzo della PAS (che, è bene ricordarlo, si vuol far passare come malattia mentale ma che è stata disconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e internazionale) si attua una totale contrapposizione con la scelta dei figli verso il genitore preferito, considerato malevolo perché condizionante, e li si cura seguendo uno specifico protocollo volto alla riprogrammazione affettiva degli stessi in percorsi psicoterapeutici svolti in ambiente neutro (istituti in cui i bambini dovranno soggiornare anche per anni, lontano dai propri amici e dai parenti frequentati quotidianamente nonchè dai propri luoghi conosciuti) al fine di permettere il totale distacco emotivo dalla realtà affettiva pregressa. Al termine del processo di riprogrammazione i bambini saranno affidati in via esclusiva al genitore inizialmente rifiutato.
Il tutto, si ripete, in esclusione delle indagini sui casi specifici nell’analizzare i rapporti tra i genitori e i figli prima della separazione. Il fenomeno si è notevolmente e tristemente espanso e, anche dove non vi sono epiloghi drammatici come quello descritto, ha permeato di fatto tutto il sistema culturale e sociale.

La Pas presuppone che qualunque rifiuto di un bambino nei confronti di un genitore sia il sintomo di una patologia psicologica/psichiatrica indotta dall’altro genitore. Dunque vi sarebbe un bambino malato, un genitore alienato e un altro alienante. Il genitore alienante sarebbe generalmente la madre, in quanto più spesso collocataria rispetto al padre. Il collocamento prevalente favorirebbe sentimenti di rivendicazione nella strumentalizzazione del bambino, indotto all’odio verso il padre. Questo comportamento presupporrebbe inoltre altri stati patologici nella psiche materna, definita malevola in quanto rancorosa verso l’ex compagno. Infine, il livello di collera della donna, esplicitato attraverso l’uso della prole contro il nemico padre, ne svelerebbe una personalità borderline.
Tale schema, così sinteticamente descritto, si è ripetuto innumerevoli volte negli ultimi anni ed è stato accompagnato da un’intensa propaganda mistificatoria tendente a mettere sotto accusa le madri denuncianti, in quanto “sicuramente alienanti”. Il punto è che la diagnosi di “Pas” è effettuata solo sulla base del rifiuto di un bambino a frequentare o ad avere gli stessi tempi di relazione con entrambi i genitori. La parte pregiudiziale è proprio nella mancanza di indagini sulla natura delle relazioni pregresse tra i figli e i genitori. Nessuno nega che vi possano essere genitori che corrispondono ad un preciso modello alienante: genitori  che in effetti spariscono nel nulla con i figli al seguito, impedendo la relazione con l’altro genitore, radicando nei figli il sentimento di abbandono dell’altro. E’ ovvio: nella casistica dei comportamenti criminosi tutto è possibile. Ma genitori che comunicano ai figli odio verso l’altro genitore laddove i figli invece nutrono amore e attaccamento, normalmente generano l’effetto contrario: ovvero attirano su di sè il disprezzo dei figli che, anche se allontanati, continueranno a chiedere e a manifestare l’attaccamento al genitore non più presente. Per di più, in un rapporto normale tra genitori e figli spesso sono gli stessi figli che continuano a chiedere la presenza dei genitori anche quando questi ultimi, per loro volontà o altre esigenze, si allontanano!  Inoltre, spesso tale diagnosi è suggerita dagli ausiliari del giudice (assistenti sociali e tecnici incaricati), che appunto trovano in una soluzione preconfezionata, da relazionare al giudice, un veloce epilogo al loro interessamento sui casi assegnati. In tutto questo c’è da considerare che
·         i bambini non sono mai ascoltati: i loro comportamenti sono solo interpretati attraverso le parole dei genitori (che ovviamente diranno cose diverse)
·         la conflittualità tra i genitori, per qualunque motivo (anche nel caso di denunce di abusi e maltrattamenti) favorisce spesso l’allontanamento dei bambini in Istituti e il loro sradicamento dalla famiglia di origine (compreso i nonni e gli zii, visti come collaboranti nel conflitto)
·         nel caso di sentenza con diagnosi di PAS il bambino, riconosciuto come malato (ripetiamo: in modo assolutamente inopportuno), viene curato con il seguente protocollo (codificato dal suo teorico R. Gardner):
1.      la terapia della minaccia “Se non vai con papà non vedrai mai più la mamma” (terapia a volte messa in atto dagli assistenti sociali)
2.      allontanamento in Istituto lontano dal proprio ambiente per favorirne la “riprogrammazione” affettiva attraverso lo “scollegamento” con la realtà affettiva pregressa, compreso la scuola di provenienza e tutte le altre attività svolte sino ad allora dal bambino  (tutti i neretti sono stati ripresi da relazioni e sentenze emesse)
3.      affidamento esclusivo al genitore rifiutato e allontanamento dal genitore cercato.

A questo si aggiunga l’anomalia della mancanza del diritto al contraddittorio nei Tribunali dei Minori (non in quelli Ordinari), per cui può capitare che una sentenza sia emessa senza l’audizione degli interessati ma solo sulla base delle relazioni fornite dagli ausiliari del giudice (che, come detto, spesso non indagano sulle relazioni pregresse e tendono a punire la conflittualità del genitore maggiormente denunciante), così come accade che una diagnosi sia effettuata senza il diagnosticato. La domanda è: tutto questo considera che l’affido condiviso è un diritto del bambino e non degli adulti? Siamo certi che, a prescindere dai torti e dalle ragioni dei genitori, sui quali si dovrebbe pur indagare (e le denunce servono a questo), si stia applicando la legge sull’affido come è scritto e cioè diritto dei figli e dovere degli adulti e non viceversa, ovvero dovere dei figli (di frequentare entrambi nello stesso modo) e diritto degli adulti (eventualmente di stare vicino ai propri figli)?
Infine, è proprio il caso di sottolineare che questa PAS è stata ufficialmente disconosciuta dalla comunità scientifica e, per l’ennesima volta, non è stata inserita del DSM (Manuale diagnostico delle malattie mentali) quindi il suo uso dovrebbe essere vietato nei Tribunali per lo stesso motivo per cui non si può ricevere la pensione di invalidità per una malattia non riconosciuta. Il Movimento Per L’Infanzia, di cui l’Associazione L’ Universo Dentro è membro, è impegnato da anni nella sensibilizzazione culturale verso gli spropositi conseguenti all’abuso della Psichiatria e psicologia quando ci sono figli contesi, nell’affermazione del diritto del bambino ad essere ascoltato per essere effettivamente tutelato e protetto dagli abusi (di qualunque tipo),  nell’asserzione della necessità di svolgere indagini sui singoli casi e nella necessità di denunciare le condotte pregiudiziali che possono determinare danni serissimi nei bambini e nel futuro della società.

E’ importante che la società cominci ad interrogarsi sull’angoscia che in questo momento stanno vivendo migliaia di bambini (per non dire famiglie) e sull’opportunità di essere consapevoli che, al di là delle situazioni più drammatiche, esiste un sostrato di pensiero collettivo che va sradicato: il pregiudizio suggestivo, ovvero il giudizio prima dell’indagine e della prova oggettiva. E’ importante che si consideri che in fondo a questo gusto per il pregiudizio vi sono gli stessi bambini che vogliamo difendere nelle nostre leggi e verso i quali ci sentiamo umanamente e prioritariamente coinvolti.




Vittoria Camboni.


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