Ho avuto, questa notte, l’infelice ma doveroso regalo di leggere –finalmente- la famosa pdl 1403 http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0010590.pdf .
Come
tutte le pdl, tutti i decreti, tutte le belle cosette fondate sui
giochi di parole che avvengono nei piani alti delle decisioni politiche e
che si trasformano nel pane di tutti, il rischio, per un occhio non
attento, è l’ubriacatura del pensiero. I politici, a sentirli così,
senza seguirli, senza pregressi, senza memoria storica, parlano talmente
bene che sembrano inopinabili. Ora, nel proseguire questo articolo, vi
chiedo lo sforzo di seguirmi in qualche volo pindarico, una visione
dall’alto di una situazione della quale potrebbe legittimamente non
importarvi nulla se non foste esseri senzienti, ma che sono certa vi
interesserà abbastanza dal permettervi di farvi un’idea un po’ più
nitida della protezione che noi, Italia 2013, destiniamo ancora ai più
deboli, con i nostri figli a capofila delle vittime. Questa mattina ho
letto il seguente commento di un utente fb:
“La maternità non è una malattia”…
Voglio
partire da qui e scusate se faccio un esempio un pò creativo ma ho
bisogno di trarre forza dalla metafora che mi ispira questo concetto. La
maternità non è una malattia: anche respirare non è una malattia.
Supponiamo
che uscisse una tassa sull'aria respirata in totale in un nucleo
familiare. La conseguenza sarebbe che le famiglie povere e numerose,
dunque individui poveri, subirebbero una costrizione fisica, frustrante,
dolorosa e dannosa a breve, medio e rischio di lungo termine per il
fatto di dover razionalizzare l'aria (provate a respirare
un po’ meno aria solo per qualche minuto). Una donna incinta è come una
famiglia: due individui che convivono e devono necessariamente tenersi
conto reciprocamente. Non è una scelta: è un fatto ontologico alla
condizione di gravidanza. Mettere la donna incinta nelle condizioni di
razionalizzare le risorse, vuol dire portarla ad una costrizione fisica
non solo dolorosa, ma rischiosa per l'evoluzione di entrambi gli
individui. Non entro in una sfilza di esempi tratti dal quotidiano di
una donna incinta. Cos’è razionalizzare le risorse per le donne? Le
dimissioni in bianco, per esempio. Il fatto che se si è madri non tutti i
datori di lavoro valutano le assunzioni in modo adeguato, specie se
sono sole, specissimamente se sono neomadri. E adeguato vuol dire tenere
conto che una donna madre probabilmente si assenterà più spesso e che
questo per tutta la società potrebbe essere (potrebbe) un valore
aggiunto perché vuol dire consentire a quella donna anche di allattare e
favorire la fondamentale cultura dell’empatia, della creazione di
valore sulle competenze globali di un individuo e non sui compartimenti
stagni. Infatti sarebbe stupendo se le leggi consentissero pari permessi
parentali anche ai padri, ma così non è,
perché il concetto di cura parentale paterna non fa riferimento alla
gravidanza ed alla primissima fase di vita dei figli. Ma…che dico? Che
c’entra l’empatia con la resa produttiva e con la competitività dei
mercati e con il PIL? Se non c’entra allora smettetela di piazzare solo
le donne nei posti per educatori degli asili nido, fatevi impiantare un
utero e squarciatevi per far sopravvivere la nostra specie e per avere
la più grande soddisfazione della vostra vita, evitate di mangiare,
respirare e dormire perché tutte queste cose sono inutili perdite di
tempo sottratte alla produzione. Non so se è chiaro. Non so se è
abbastanza terra terra. Non so se è abbastanza concreto. Non so se vi
rendo l’idea che una madre non è una badante non stipendiata,
così come volete trattarla finchè i pargoli gioiellini non sono
abbastanza svezzati per poterli esibire (svezzati secondo voi, esibire
secondo voi: non certo tenete conto delle loro vere esigenze). E poi
dite che se la sono cercata loro, le madri, perché il fatto di non avere
prodotto abbastanza fuori casa è una penalizzazione, e molte donne che
pensano di essere veramente libere perché si dedicano solamente alla
carriera, o meglio al vostro modo di “concepire” la produttività, ci
cascano e vi seguono, vi difendono al posto vostro addirittura! Ma dove
siete, esseri celati che ramificate nella latenza e mandate capri
espiatori a rapire i figli! Usate, sfruttate fino al midollo,
mortificate, poi le chiamate indistintamente pazze perché reagiscono,
perché non reggono, perché se passate sopra ad una persona con la
macchina non potete darle gli psicofarmaci quando si lamenta dal dolore.
Siate consapevoli di quanto la nascita dei piccoli che
voi dite di amare e di difendere nel diritto principe alla
bigenitorialità passi sul corpo, sulle privazioni, sulle scelte anche
inconsapevoli di molte donne, una quantità inimmaginabile di nomi
sommersi, ricattati dal non dover apparire troppo altrimenti sarebbero
istrioniche, esibizioniste in contesti di quartiere o di paese in cui
non certo si va a spelacchiare nell’indagine specifica ma le
consuetudini e i pregiudizi continuano ad alimentare il tessuto
connettivo. Madri che se poi sono abbastanza razionali da denunciare
create (voi che proponete simili proposte di legge) la farsa delle false
accuse, dello stalking giudiziario: tutti giochi delle tre carte per
confondere le idee a chi - i politici, la magistratura, la parte
inquirente, gli organi ausiliari- vive la crisi di risorse che viviamo
tutti, estenuati dalle vaporizzazioni continue alla ricerca
dell’oggetto: i fatti, cosa realmente accade. Dove cosa realmente
accade, ovvero il “fatto” importante nel definire la misura di una legge
che garantisca il diritto dei bambini alla bigenitorialità, è semplice:
VERIFICARE qual è il care giver principale, la figura di principale accudimento, quella che ha DIMOSTRATO di sopperire sempre a TUTTE le esigenze dei figli, con o senza aiuto, con o senza complementarietà, anche
proprio malgrado. E se si vuol fare questa verifica si scopre che non
sono più le donne a privare i figli dei padri ma che questi padri
sono assenti per loro scelta o compaiono magicamente dopo i primi anni,
quelli più assorbenti nell’accudimento dei piccoli, quando le madri
lamentano ufficialmente la scarsezza delle loro risorse; oppure, che questi padri confondono la richiesta di una funzione complementare con la privazione totale della madre, o sua sostituzione (che è uguale).
Insomma, una marea di gente che non capisce il proprio posto. E voi
donne, finitela di prendervela tra voi: i padri non sono dei poveretti
indifesi e se lo sono è evidente che non hanno adeguate capacità
genitoriali, per cui dovete chiedere, semmai, di essere aiutate a far
maturare i padri nell’esservi complementari. Non distraete i vostri
obiettivi, che Quelli della vostra distrazione approfittano per
costruire nuovi strumenti per ubriacare le menti.
Tappe
della giustizia umana, che pur si basa su bellissimi articoli,
ostruite, ostacolate per consentire una falsa e ipocrita bigenitorialità
in cui il debole, il bambino/a, paga amarissime conseguenze e con lui
tutta l’umanità futura, destinata alla morte per vostra sentenza.
A
commento della pdl 1403 non posso che aggiungere tutto quello che è già
stato scritto in risposta del fu disegno di legge 957 e cloni a
seguire, e vi rimando a questo http://www.movimentoinfanzia.it/il-ddl-9572008/.
Vittoria Camboni.