martedì 14 maggio 2013

Emozioni di un congresso.

Diciamo che le generalizzazioni non ci piacciono. Amiamo gli studi, le indagini sui fatti, gli studi scientifici, le traduzioni serie, chi si racconta non per lamentarsi ma per la verità. Non ci piacciono le crociate, soprattutto per partito preso. Dunque evviva la casa famiglia che svolge il compito per cui è nata. Evviva l'assistente sociale che rispetta il codice deontologico. Non è certo contro le persone che ci muoviamo. Noi ci muoviamo in battaglia contro i comportamenti irresponsabili, i comportamenti stolti di chi abusa del proprio potere, l'abisso consentito tra chi mette un timbro e chi ne subisce le conseguenze. Noi ci indigniamo di fronte a chi pensa di non dover chiedere "scusa", chi non risarcisce il danno, chi non guarda negli occhi colei o colui che subiranno la decisione di quel timbro (qui). Ecco, di ritorno dal Congresso del Movimento per l'infanzia, sento il dovere di fare un report sulle emozioni che personalmente ho vissuto, veloce e incisivo.

Si è molto dibattuto sulla funzione dei servizi sociali e sulle strutture di accoglienza per minori. C'è stata l'acredine massima verso il malfunzionanamento di un sistema a-logico (a-logico perchè segue una logica esattamente contraria a quella che dovrebbe) e nazista che punta la sua forza sulla deresponsabilizzazione degli operatori, ma c'è stato anche chi ha sottolineato che "se permettete anche no", se facciamo di tutta l'erba un fascio, non siamo diversi da quelli che critichiamo. Ed è giusto, perchè se opera di verità è quella che ci impegniamo a fare, allora nessuno deve avere il timore di dire la sua. Ho sentito la testimonianza di una giovane donna che raccontava di aver subito una madre violenta e di un uomo che dirige una comunità che accoglie adolescenti figli di malavitosi. E ho pensato: siamo comunque tutti dalla stessa parte.

Ho pensato incessantemente a quella madre che vive senza la figlioletta e che doveva esserci, se non fosse crollata. Perchè siamo fatti anche di carne che si consuma e ossa che non reggono, oltre che di anima guerriera. Siamo ricattati dalla tortura di un abbraccio che è nella storia delle cose giuste, ma che manca. E se manca a una persona, manca a tutta l'umanità.

E poi. Senti la storia di Antonella Penati e non puoi non subire un pò della follia che attraversa anche la tua mente. Quella follia lucidissima che ti indurrebbe ad armarti e uccidere il male a sangue freddo. Il male è chi dice, come i nazisti appunto: "non c'entro niente". Perchè non ne possiamo più di gente che non c'entra niente, perchè chi non c'entra niente rispetto a certe efferatezze non solo non può permetterselo, ma deve restituire ogni centesimo guadagnato con quel lavoro. Poi ti calmi, perchè sai che devi fare i conti con la violenza che chiama altra violenza. Ho ascoltato e, soprattutto, letto gli occhi di Marinella Colombo, che non ci sta a non andare oltre. Non ci sta. NON. CI. STA! E con tutto quello che sta muovendo questa donna, ho sentito quel "grazie mamma per tutto quello che ci stai insegnando": un grazie che i suoi figli non possono dire e forse non sanno nemmeno che è già nelle loro vite, ma che un giorno si manifesterà perchè la verità più vera è imperitura.

E poi ho visto il sorriso di chi scrive le cose che ognuno sente in fondo al cuore, di chi è uscito da un tunnel e ritorna indietro per raccogliere gli altri. Il fuoco nelle vene di chi prende a schiaffi la stupidità delle mistificazioni. (Per esempio qui e qui)

Poi.
Poi ho visto una donna che prendeva appunti mentre aveva un bambino attaccato al seno. Un universo che in quel preciso momento stava ergendosi maestoso sulle sciagure. Che mi è sembrata una promessa di pace.



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