martedì 28 maggio 2013

APPELLO PER IL DIRITTO DEL MINORE ALL'ASCOLTO


APPELLO PER IL DIRITTO DEL MINORE ALL' ASCOLTO ED ALLA TUTELA DALLA
VIIOLENZA



I sottoscrittori del presente documento, in seguito ai recenti fatti di cronaca ed all’acceso dibattito
che ne è conseguito, ritengono utile ribadire che:

1. il diritto alla bi-genitorialità è termine abusato e mal-usato. Esso, infatti, appartiene al
bambino e non al genitore, deve essere offerto e non imposto. Inoltre, non può travalicare i
diritti costituzionali prevalenti che sono: il diritto alla salute, all’integrità psico-fisica, alla
libertà di espressione di sé, nonché il diritto ad essere ascoltato.
2. Il minore* ha diritto ad essere ascoltato, in ogni situazione, sulle vicende traumatiche che
lo coinvolgono, direttamente o come spettatore. L’ascolto deve essere competente e
finalizzato a tutelare la sua salute e integrità psico-fisica. Deve essere, inoltre,
accompagnato da prove di contesto del suo stato di benessere o malessere, senza
tralasciare l’anamnesi storica e personale, i contesti di vita acquisendo anche testimonianze
privilegiate (pediatra di base, insegnanti etc).
3. La credibilità della testimonianza dei bambini, pure se deve essere oggetto di attenta
analisi, non può però essere aprioristicamente svalutata da principi privi di scientificità,
avulsi dalla comune esperienza e funzionali solo alle difese degli adulti chiamati a
difendersi da accuse di violenza. L'influenzabilità dei bambini va oggettivamente rilevata
caso per caso e non può essere presunta, i falsi ricordi (di episodi di violenza traumatici o di
abusi sessuali) non possono essere indotti con semplici suggestioni, con la reiterazione
delle interviste, né attraverso oscuri e inesistenti fenomeni quali l'assecondamento alle
ansie dei genitori o la confabulazione spontanea, ma solo attraverso intenzionali e invasive
tecniche manipolatorie e induttive. La ripetizione del racconto dell'abuso o della violenza di
per sé non ne depotenzia il portato testimoniale, la rivelazione del bambino può avvenire in
tempi brevi o per tappe successive senza per questo essere ritenuta non credibile. Il rifiuto
o la paura del bambino nei confronti di un genitore, in presenza di denuncia di violenze o
maltrattamento, è da considerarsi, generalmente e fino a prova contraria, una naturale
forma difensiva.
4. Aderiamo a quanto affermato dalle principali istituzioni internazionali di garanzia dei diritti
umani e del diritto alla salute: la violenza familiare contro le donne e i bambini - è un
fenomeno trasversale, nascosto, di vaste dimensioni ed è una priorità del sistema
sanitario e di giustizia. Ad essa deve guardare ogni professionista responsabile quando
impatta con problemi di salute di donne e minori e con comportamenti di minori
presuntivamente “anomali”. Enfatizzare allora la presenza di falsi positivi a fronte dell'ampia
diffusione del fenomeno della violenza domestica significa diffondere una cattiva e
malevola informazione (una denuncia non provata non è prova che la denuncia sia falsa,
non è quindi un falso positivo) e alimentare una cultura adulto-centrica contro gli interessi
di Giustizia e tutela della salute a favore di bambini e donne.
5. Costrutti scientifici, come la PAS e correlati (Alienazione Genitoriale o Alienazione
Parentale), fondati su posizioni tecniche che non tengono conto dei diritti del minore ad
essere ascoltato, alla tutela della sua salute esponendolo al grave rischio di affidamento
(diritto di visita, etc.) al genitore dal bambino indicato come maltrattante e/o abusante,
sono da considerarsi nocivi, illegittimi, privi di etica e di fondamento scientifico.
Ricordiamo che il genitore maltrattante è anche colui che fa assistere il bambino a
maltrattamenti, atti di violenza o aggressioni nei confronti dell’altro genitore (in genere la
madre da parte di un partner maschile), come affermato anche nella Risoluzione 1714/2010
del Consiglio d’Europa sui minori testimoni di violenza.
6. La PAS, Alienazione Genitoriale o Alienazione Parentale che dir si voglia, è spesso invocata
dai consulenti che la sostengono anche quando un bambino lamenta violenze (fisiche,
sessuali o psicologiche) subite da parte del genitore ‘alienato’, prima ancora quindi che il
processo penale accerti le relative responsabilità, creando così un procedimento valutativo
manifestamente illogico e circolare, a danno dei bambini, la cui testimonianza viene
preventivamente considerata inattendibile basandosi sul pregiudizio della presenza di un
disturbo "inesistente" (PAS, Alienazione Genitoriale, Alienazione Parentale).
7. Denunciamo l’uso strumentale, distorto e fuorviante, da parte di operatori socio-sanitari
(medici, psicologi, assistenti sociali, operatori di comunità, etc.) e di giustizia del concetto di
‘conflittualità familiare’. E' questo un principio abusato, utilizzato in modo acritico e a volte
in maniera irresponsabile che rischia di diventare uno strumento ideologico per occultare e
nascondere il reale fenomeno della violenza familiare. L'enfasi che si vuol dare alla
conflittualità familiare è quasi sempre finalizzata a sottovalutare la credibilità di chi lamenta
e denuncia forme di maltrattamento o violenza, mentre vi è una forma di resistenza nel
considerarla, invece, conseguenza necessitata dall'esercizio della violenza stessa.
8. Le pratiche di “lavaggio del cervello” (brainwashing), condizionamento, alienazione,
manipolazione mentale a danno dei figli, quando sono reali, rientrano in una tipologia di
maltrattamento e costituiscono gravi violenze psicologiche che minano l’identità personale
ed esitano frequentemente in disturbi psico-traumatici. Questi gravi tipi di maltrattamenti
però, come ogni reato, devono essere provati in sede penale e devono, in sede civile, essere
individuati attraverso elementi certi ed obiettivi. Il solo rifiuto del bambino non è un
elemento significativo per individuare tali condotte: esse infatti, quando in essere, danno
luogo a distorsioni percettive che hanno effetti sul sistema psichico individuale e relazionale
del minore e non possono prescindere dalla attenta valutazione dei motivi che hanno
generato timore, paura e disagio. Desumere dal solo rifiuto di un figlio verso il genitore la
presenza di comportamenti che fanno riferimento alla "Alienazione Genitoriale o
Parentale" è un'operazione priva di serietà scientifica e logica giuridica.
9. Nella valutazione del rifiuto di un genitore da parte di un figlio, riteniamo indispensabile
procedere con l’indagine e la rilevazione della presenza o meno di segni di violenza
domestica. L'esposizione di un minore a violenza familiare è infatti un fenomeno
statisticamente diffuso, nascosto e pericoloso con esiti molto gravi, sia a breve che a lungo
termine, per la salute. Anche la sola violenza assistita, ove il minore è testimone passivo,
può motivare e giustificare il rifiuto da parte del bambino e deve portare ad interventi di
tutela del minore e della madre, come richiesto con forza dagli organismi internazionali
(Parlamento Europeo: Risoluzioni 2006/2008/2009; Consiglio D’Europa: risoluzione 1714/2010;
Consiglio d’Europa, 7 aprile 2011 convenzione di Istanbul ‘Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence’).
10. Riteniamo che, oggi, nel nostro Paese, sia in atto una vera e propria propaganda ideologica
ed una contestuale e irresponsabile pratica istituzionale (a carico di alcuni esponenti degli
ordini professionali dei medici e degli psicologici chiamati spesso a svolgere perizie ed, a
carico di alcuni esponenti della magistratura giudicante ed inquirente) costruita su basi ascientifiche
che colpisce i diritti di donne, madri e bambini. Questo fronte culturale di
stampo adulto-centrico e reazionario utilizza ampiamente e indifferentemente i concetti e i
principi basati sulla PAS (che ha, come è noto, radici culturali che giustificano la pedofilia),
sulla Alienazione Genitoriale o Alienazione Parentale, sulla applicazione forzata e forzosa
della bi-genitorialità a tutti i costi. La terapia proposta, inoltre, si basa su principi repressivi
e autoritari che impongono al figlio, attraverso l'uso del potere giudiziario, la violenza (uso
della forza pubblica), ingiuste soluzioni (minaccia o attuazione del collocamento in casa
famiglia) o addirittura irresponsabili punizioni (isolamento dagli affetti, amicizie, luoghi,
relazioni sociali), e, in alcuni casi, addirittura il collocamento presso il genitore rifiutato. Tali
pratiche, proposte da psichiatri e psicologi, rappresentano vere e proprie torture per il
minore, rivelano l'assenza di sensibilità verso le esigenze di ascolto, tutela, mitezza,
gradualità verso il mondo infantile e mostrano di considerare il bambino come oggetto sul
quale esercitare potere piuttosto che soggetto per il quale adempiere doveri di cura, tutela
e protezione.
11. Oltre i casi fin qui descritti, esistono poi reali “difficoltà di contatto” nelle fasi acute delle
separazioni, segnalate anche dal rifiuto di un minore, che non procedono da violenze, e
che, generalmente, evolvono in modo spontaneo, in tempi ragionevoli, portando alla
costruzione di nuove relazioni generalmente soddisfacenti. Infatti, in base a studi
accreditati, la maggior parte dei bambini mostra di adattarsi bene ai divorzi, di trovare
nuovi modi nella relazione con entrambi i genitori e di non avere danni nella vita adulta.
Tale “naturale evoluzione” è messa in crisi proprio da interventi tecnici inappropriati che
tendono a medicalizzare il campo evolutivo delle relazioni familiari non certo a beneficio di
alcun componente della famiglia.
12. In accordo con l’American Psycological Association auspichiamo che i Magistrati ed i
professionisti implicati in procedimenti giudiziari riguardanti la custodia e la cura dei
bambini, prendano in seria considerazione ogni report di violenza domestica e valutino
criticamente ogni rifiuto di un bambino verso le visite ad un genitore, essendo oramai
pacifico e condiviso dalla Comunità Scientifica che un figlio oggetto di violenza (fisica,
sessuale, psicologica o assistita) debba essere protetto e rispettato nelle forme di rifiuto,
timore o paura che nutre verso il genitore violento. La frequenza del genitore abusante
infatti, può determinare grave danno nella formazione della personalità, dell'autostima e
dell'equilibrio personale.
13. L’allontanamento dei bambini dalla famiglia di origine, contro la loro volontà, è una scelta
drammatica e di tale potenziale violenza da poter essere giustificata solo nei casi di pericolo
gravissimo ed imminente per la vita, lesioni personali o abuso sessuale. Tuttavia, anche in
questi casi, non deve MAI essere attuato con l’uso della forza, con intervento della forza
pubblica e con violenza. Il trauma che ne deriva al bambino, sia per la violenza dell’atto in
sé che per la paura, il senso di perdita e smarrimento, può essere di entità tale da
condizionarne drammaticamente tutta la vita futura.
14. Chiediamo infine che, nell'interesse esclusivo del minore, in ambito civile, siano sempre,
tempestivamente e seriamente adottate misure di tutela e protezione a favore dei
bambini, tutte le volte che siano presenti elementi che rivelino il rischio che uno dei due
genitori abbia maltrattato o usato violenza ai figli o all’altro genitore, indipendentemente
dagli esiti del processo penale. Se in ambito penale infatti è legittimamente applicato il
principio del favor rei, in base al quale la sentenza di condanna può essere emessa solo ed
esclusivamente quando il giudice sia convinto oltre ogni ragionevole dubbio della
colpevolezza dell'imputato, in ambito civile invece si deve applicare il favor pueri, (interesse
esclusivo del fanciullo) e pertanto vanno attentamente valutati i pericoli che possono
mettere a rischio il minore obbligato a frequentare un genitore che, secondo i criteri
valutativi del più probabile che non (utilizzati in ambito civile) potrebbe avere maltrattato,
usato violenza o abusato del minore. Su tali posizioni si sta formando una illuminata
giurisprudenza di merito che va incoraggiata e valorizzata.
15. Sottolineiamo la preoccupante proliferazione di quei luoghi deputati al ‘reset mentale’
che ospitano, soprattutto al nord, minori ai quali è stata diagnosticata una PAS o individuata
l'Alienazione Genitoriale o Parentale, insieme alla forte preoccupazione che queste
irresponsabili terapie siano somministrate ad un numero imprecisato, forse molto alto, di
bambini, collocati in case famiglia. Vi sono casi di minori che hanno rivelato episodi di
violenza esercitata dal padre, che sono stati sottratti alle cure materne, collocati in casa
famiglia o addirittura presso il padre, in base a perizie ideologicamente (PAS e Alienazione
Genitoriale) e pregiudizialmente (false memorie, falsi positivi, amnesia infantile) orientate a
negare ascolto, attendibilità e credibilità alle parole, ai disagi, alla sofferenza dei bambini.
Per questo motivo - e con questo ci colleghiamo a tutte le altre richieste che vanno in
questa direzione - chiediamo, in maniera forte, interventi urgenti agli organismi
competenti.
Chiediamo l’istituzione di una Commissione di Valutazione dei casi diagnosticati come PAS o
Alienazione Genitoriale o Parentale che prenda in carico i destini dei minori che hanno “subito
un trattamento segregativo”, che sono stati addirittura collocati presso la dimora del genitore
accusato di violenza, o che si sono visti limitati nelle relazioni con il genitore protettivo
(limitazione alla potestà, affidamento ai Servizi Sociali) per valutarne gli esiti.
Chiediamo agli ordini professionali di valutare l’adozione di misure interdittive nei confronti
dei professionisti (periti e consulenti) che hanno consigliato, adottato e praticato diagnosi (PAS
o Alienazione Genitoriale o Parentale) e terapie a-scientifiche violente, ingiuste o irresponsabili
nei confronti dei minori.

Proponentii e Sottoscriittorii - Maria Serenella Pignotti, pediatra medico legale, Firenze; Andrea
Coffari, avvocato, Firenze; Elvira Reale, psicologa, Napoli
Per adesione inviare mail a documentoproinfanzia@email.it
Specificando nome, città di residenza, professione e telefono.
Quest’ultimo, necessario per eventuali verifiche, resterà riservato.


Allegato 1
I sottoscrittori di questo documento, inoltre, si esprimono contro le affermazioni contenute nel
documento denominato dai suoi autori “psico-forense”1 scaturito dalla accesissime polemiche
relative agli eventi giudiziari che hanno coinvolto il “bambino di Cittadella” nell’ottobre 2012.
Nel documento “psicoforense”, tornano tutti i presupposti, tautologicamente ammessi, della PAS
stessa attraverso l'enfatizzazione dell'Alienazione Genitoriale o Parentale, operazione culturale
fortemente pregiudizievole per i diritti umani di cui godono anche donne e bambini.
- Il documento riporta l’affermazione che le condotte ostacolanti l’esercizio del diritto del bambino
a frequentare entrambi i genitori sono censurabili e possono configurare maltrattamento
psicologico. A fronte di tale affermazione deve esser sottolineato che sono sicuramente più
censurabili quelle condotte che, non ascoltando il bambino lo costringono a subire contatti che
non desidera e che lo possono addirittura esporre a violenze e maltrattamenti reiterati.
- Nel documento, gli autori si riportano al principio, mai dimostrato, che si ispira alla PAS di
Gardner secondo il quale ogni volta che un bambino mostra rifiuto per un genitore egli sia
implicitamente oggetto di indottrinamento, lavaggio del cervello, manovre di condizionamento da
parte dell’altro genitore e che, per questo, egli non debba essere ascoltato e le sue parole
destituite di fondamento e credibilità. Riteniamo che tale principio ponga un irragionevole, ascientifico
e pernicioso pregiudizio di attendibilità sulla testimonianza del minore
- Consideriamo infondato un altro giudizio, espresso nel documento, che riportiamo per maggiore
chiarezza: “Il fenomeno del bambino conteso e “schierato” a difesa di un genitore contro l’altro
risulta, purtroppo, molto frequente nelle separazioni caratterizzate da un’alta conflittualità in cui i
partner, anche a causa delle loro caratteristiche di personalità, non riescono ad elaborare in modo
evolutivo e riflessivo l’evento separativo”.
- Riteniamo che il giudizio di “alta conflittualità” nelle separazioni sia una valutazione
approssimativa e grossolana, non fondata su un’analisi tecnica che discrimini le situazioni di
conflittualità da quelle di violenza contro le donne o i bambini nella relazione familiare. Il
fenomeno del bambino schierato o rifiutante, in molti casi, non è frutto di semplici conflittualità,
ma di situazioni di violenza cui, nel migliore dei casi, il minore è spettatore. In questo caso riferirsi
alle “caratteristiche di personalità” e/o alle problematiche personali derivanti da un non elaborato
“lutto da separazione” quale causa primaria nelle difficoltà di contatto dei figli con uno dei due
genitori rappresenta un'indicazione altamente fuorviante nella individuazione delle effettive
responsabilità e rischia di creare un grave danno al minore ed alla sua tutela. Tale principio che
vediamo presente in molte delle CTU/CTP dei firmatari del documento psico-forense rivela una
pericolosa e inspiegabile cecità nei confronti del problema della violenza intra-familiare, grave
fenomeno ancora in gran parte sommerso, la cui preoccupante diffusione è documentata da
numerose ricerche scientifiche. A causa della quale, in aggiunta, l'Italia ha recentemente ricevuto
l’ennesima condanna dall’ONU (21.6.2012).
(1. Documento psicoforense sugli Ostacoli al diritto della bi-genitorialità e sul loro superamento.
http://www.psicologiagiuridica.eu/psicologia-giuridica/43-separazioni-e-divorzi/338-documento-psicoforense-sugliostacoli-
bigenitorialita.html)

- Nel documento si cerca di accreditare nuovamente la PAS sotto altro nome e configurazione (non
più una sindrome, ma un disturbo relazionale, pur sempre un disturbo ovvero una patologia!)
riportandosi ad altra sindrome: quella del bambino maltrattato. Tale equiparazione è
assolutamente infondata ed improponibile in quanto la sindrome del bambino maltrattato
descritta 50 anni fa, è ampiamente riconosciuta dalla società scientifica internazionale
(diversamente dalla PAS), definita con precisione, con segni e sintomi, quadro clinico, dati
epidemiologici, prognosi e terapia.
- Il documento, quindi, procede a definire i segni che configurano la condizione di Alienazione
Parentale -sia essa sindrome o problema relazionale, che sono: un “ingiustificato rifiuto” , talora
solo “parzialmente motivato”, un “voltafaccia”, il “disprezzo non solo per un genitore ma per
l’intera sua famiglia d’origine e/o ricostruita”. Tali aspetti o segni sono, per l’appunto, quelli
ampiamente criticati che hanno portato al definitivo crollo della struttura pseudo-scientifica della
PAS, trattandosi di valutazioni soggettive, non definite, non quantizzate, inaccettabili nell’epoca
della Medicina delle Evidenze. Chi stabilisce che il rifiuto sia “immotivato o ingiustificato”? su che
base? ed ingiustificato il “disprezzo per l’intera famiglia”?
La PAS ED I SUOI CORRELATI - sconfermati dagli organismi scientifici internazionali e nazionali,
Società Scientifiche ed in ultimo anche dal nostro Governo (Sottosegretario alla Sanità)- ed i suoi
principi di riferimento costituiscono unicamente una
NEGAZIONE DEL DIRITTO DEL BAMBINO AD ESPRIMERE LIBERAMENTE LE PROPRIE
OPINIONI, I PROPRI DISAGI, AD ESSERE ASCOLTATO NEI PROCEDIMENTI CHE LO
RIGUARDANO E AD ESSERE TUTELATO
ed una
NEGAZIONE DEL DIRITTO/DOVERE DELLE MADRI DI DIFENDERE I PROPRI FIGLI E DI
RIFERIRSI AGLI ORGANISMI PREDISPOSTI PER OTTENERE SUPPORTO E AIUTO
E portano con sé il devastante effetto di ostacolare il buon andamento della Giustizia.

• Nell’ambito del presente documento il termine “minore” è usato esclusivamente nell’accezione
comunemente usata in psicologia giuridica

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