sabato 6 giugno 2015

Diario di Vittoria: cara amica ti scrivo

“Madri emotivamente abusanti”
questo è il titolo di un articolo che mi ha girato un’amica che così commentava: “Ne conosco parecchie così. E i loro bambini? Come si difendono?”


Nell’epoca degli organismi geneticamente modificati, anch’io sono diventata un mostriciattolo iperdigitalizzato sempre raggiungibile e sempre in contatto (evviva) con le/gli amic* più lontan*. Capita dunque che in quel di Monteodorisio, paesino sperduto sui monti abruzzesi, mentre parlo con l’insegnante di sostegno di un bambino che ho seguito, mi arrivano -tra bacini wozzappati e foto del mio campioncino in corsa-  schiaffi intellettuali come quello della mia amica: al ché una sola risposta con tutto il corredo di applicazioni fornite non mi è minimamente sufficiente. E dunque, nell’ora di curve iperboliche che faccio alla velocità della luce per correre dall’altra ragazzina che seguo e che devo vedere assolutissimamente perché il giorno dopo ha l’esame, decido l’opportunità di rimandare una risposta adeguata al mio sabato, agognato sabato di riposo, mentre preparo l’eroe ottenne che va dal padre. Capirete che per qualunque essere normodotato, munito di lavoro precario maltrattato che si rispetti e con aspirazione di famiglia e casa (uhhhh! La casa!) da seguire, decidere di dare una risposta efficace, documentata, ordunque TECNICA  e non alla “dog’s sex” alle questioni tipo “come salviamo il mondo” è un lavoro impossibile quel tanto che basta per rischiare l’asocialità. Rispondo-non rispondo, ormai lo faccio al posto del m’ama - non m’ama delle margherite. E alla fine rispondo. Pertanto eccomi, con una casa che abusa costantemente il mio desiderio di tempo libero (ma ho messo in funzione la lavatrice. Olè)e l’eroe ottenne lavato-improfumato-ciao amore ti voglio bene a domani-partito; decido di sorvolare sulla doccia che dovrei fare e quella piantina da reimpiantare e ANCHE OGGI sul pranzo (ddù pezzi di pane all’olio e anguria. L’uomo si arrangia anche a sto giro), e mi metto qua sopra a scrivere. Cara amica, ma che domanda è “come si difendono i bambini dalla madre abusante emotivamente?”; cioè, mi sembra di dover rispondere a cose tipo “come facciamo a sapere che le lumache non soffrono quando le mettiamo a cucinare vive”. E allora vorrei fare sto ragionamento che potrebbe giustificare una domanda che a me pare proprio un cortocircuito. Evidentemente  ho suscitato in te l’impressione che io sostenga scientificamente l’idea che tutte le madri sono buone e che i padri sono cattivi. Dev’essere così. Deve essere che tu abbia inteso che io, della bravura genitoriale, ne faccia una questione di dotazione genitale. Oppure sei tu che pensi che tutte le madri sono tendenzialmente abusanti emotivamente: cioè può essere che la questione della bravura genitoriale in base alla dotazione genitale dipenda da te. Nel primo caso è facile risponderti: anche io conosco madri abusanti emotivamente, e ne ho letto e ho ascoltato testimonianze di tutto rispetto. Così come conosco e ho letto e ho ascoltato testimonianze di vittime di zii, nonni, amici di famiglia, maestri, gestori di comunità, guide spirituali ecc..: adulti emotivamente (non solo emotivamente, purtroppo) abusanti nei confronti dei bambini loro affidati. Così come ci sono le madri degli accusati e condannati nel famoso processo per stupro, che a sentirle lo capisci subito perché i loro figli stanno dietro alle sbarre.  

Risponderti in modo tecnico è un lavoro immane e che io non posso fare, altrimenti muoio letteralmente dall’alienazione. Dovrei recuperarti documenti e statistiche che ho da qualche parte e subissarti di informazioni, ma per me che vivo in ipovenitilazione da lavoro precario e da traslochi perenni, ora è letteralmente impossibile fornirti prova certa che la maggior parte dei figlicidi è commessa dai padri (è un dato, non una interpretazione morale), e che le motivazioni dei figlicidi di madri e padri sono diverse: le prime uccidono più spesso i figli piccoli, durante il periodo in cui c’è la cosiddetta depressione post partum, i secondi uccidono per vendicarsi delle madri; tuttavia anche nel caso di bambini piccoli le percentuali di figlicidi per mano paterna risultano più ampie.  C’è gente che studia anni e per lavoro fa proprio questo: statistiche. A parte sta cosa abnorme del figlicidio, ti vorrei ricordare una testimonianza che tu stessa scrivevi di tuo pugno per me, quando in un tribunale dei minori qualcun* cercò di farmi passare come una madre del tipo “tendenzialmente abusante emotivamente e non solo” riportando persino, come dato allarmante e confermante, la mia fede buddista. Forse ti è sfuggito, ma a me no: chi scriveva queste corbellerie e ci metteva la firma, oltre la parte interessata, erano donne: avvocate donne e madri sostenevano queste stronz ehm, stupidaggini. Oggi, non nel medioevo, in un tribunale pubblico! 
E non faticherai a credere quest’altra mia testimonianza: nella relazione per appurare le capacità genitoriali [1]  un’assistente sociale che ignorava letteralmente (anche dopo mie sollecitazioni) il mio vissuto quotidiano insieme a sta creaturina piccola che ho partorito, dopo aver svolto un incontro insieme a me e all’altro genitore, scriveva: “ad un certo punto tizio utilizzava parole inopportune verso caio, probabilmente provocato da caio”. Caio ero io. Probabilmente, ma non certamente, avevo provocato. Ho scritto alla tale assistente chiedendo di specificare cosa tizio avesse detto e cosa caio avesse detto per provocare (ma probabilmente). Ovviamente il servizio scrivente sorvolò, ma ti chiedo: ci rendiamo conto che un giudice deve decidere sulla base di fatti non detti, ma di interpretazioni? Ci rendiamo conto che io ribadivo di subire minacce e che la mia provocazione era il rifiuto a non ritirare una denuncia (cioè una richiesta di indagine) sugli stessi? [2]  Dato che è tutto alla viva il parroco, niente è certo: il fatto non è mai stato riportato ma quello che viene fuori da questa banalissima storia è sempre il pregiudizio. Caio provoca perché è femmina, tizio risponde a comando [3]. Che poi a me questa considerazione suona un’offesa terribile verso i maschi (uno di loro è uscito addirittura da me): ma si possono considerare tutti come le scimmiette monciccì in mano a donne manipolatrici? Che poi, guarda caso, le manipolatrici sono sempre le donne controparte, mai le madri-sorelle-amiche-assistenti sociali- avvocate che li difendono:  le donne manipolatrici sono quelle con cui non vanno d’accordo. Forse è vero in alcuni casi, non in tutti e non nel mio. Ma non sarà mai accertabile perché andiamo avanti con le interpretazioni dei fatti di cui non si racconta nemmeno: per cui nulla è opinabile e a questo punto ognuno può scrivere quello che gli/le pare e poi il-la più simpatic* vince.
Non è accertabile che riusciamo a difendere i bambini da tutti i possibili e infiniti casi di maltrattamento emotivo-fisico-sociale in cui possono incorrere. Quello che possiamo fare è studiare le leggi e scoprire che è pieno di argomenti che parlano di matrattamenti psicologici (per rimanere nel tuo tema), che abbiamo delle leggi per ogni capello e che caso per caso bisogna fare delle indagini non del tipo da commarucce di paese. Poi possiamo lavorare sul piano culturale e capire che non è il Caso che domina certe situazioni ma la semplice mancanza di competenza, e che i tecnici, quelli veri, ci sono e devono lavorare bene (che vuol dire soldi da investire) per garantire che chi  fà questi lavori sia lucido e che abbia fatto su di sé una buona psicoterapia, o una cosa tipo 7 anni in Tibet, per provare a mettersi in pari con i traumi che l’hanno segnato nell’infanzia con tizio o con caio o sempronio.

Ora mi bevo un thè e vado a fare la doccia. Salutami la Spagna e ricordati che miro ad essere ospitata J

  P.s:  nel caso fossi tu ad avere la convinzione che le madri sono tendenzialmente abusanti, perlomeno più degli altri, capisci che nessun discorso tra due madri come noi, dunque esseri tendenzialmente abusanti, potrebbe mai avere valore attendibile sull’argomento: saremmo due cecate 
a fare a pietrate. Tuttavia ho stima di noi, come donne e madri, e lascio cadere questa ipotesi.

  
Nota [1]: prima del 2012 tutti i figli nati da unioni di genitori non sposati erano di pertinenza del tribunale dei Minori. Il Tribunale dei Minori è nato nel 1934 con lo scopo di occuparsi dei bambini vittima della guerra e in stato di degrado. All’epoca chi nasceva da unioni non matrimoniali (e in chiesa) era una persona degradata. Oggi, capirai, no: rimane un mistero per me che questa logica sia permasta sottintesa negli uffici per i minori fino a TRE ANNI FA’. Dunque mio figlio, che sai essere nato non in costanza di matrimonio, era di pertinenza di questo Tribunale, mentre i figli della Franzoni (per dire) nel caso di separazione sarebbero stati di pertinenza del Tribunale Ordinario. Il Tribunale Ordinario opera in un altro modo e nel mio caso (in cui si decideva sulle modalità di affidamento del bambino, compreso il mantenimento) non avrebbe investito il servizio sociale, il quale interviene solo nei casi di abuso, abbandono e riduzione della responsabilità genitoriale (casi che rimangono, appunto, alla competenza del Tribunale dei Minori). Dunque, per arrivare a questo grande passo avanti nella ridefinizione di semplici ambiti di competenza, c’è gente che ha perso le notti per moltissimo tempo. Ringraziando il cielo che fossero solo le notti.
Nota [2]: posso ben permettermi di scrivere di queste cose perché dopo indagine non è venuto minimamente fuori che io stessi mentendo. Anzi.

Nota [3]: faccio notare: l’unico fatto certo di questa frase è l’uso di modalità inopportune di Tizo verso Caio. Il fatto certo passa in secondo piano rispetto a quel probabilmente che congiunge la frase subordinata (provocato da Caio) alla principale (Tizio usava parole inopportune verso Caio), evidenziando la seconda parte e nascondendo la prima. Ne risulta che è l’intervento di Caio che balza all’occhio (e la nostra mente inconscia elude il probabilmente), ribaltando la direzione del giudizio di chi legge. Un’opera d’arte, non c’è che dire. 


Vittoria Camboni.

sabato 11 ottobre 2014

CI STUDIERANNO COME IL SECONDO MEDIOEVO.

Il Medioevo è un sistema attanagliante del pensiero critico, in cui normalmente la maggioranza delle persone è convinta che la sopraffazione di alcuni verso altri sia logica in un mondo che utopizza la giustizia. Cioè, il medioevo non è la sopraffazione in sè, ma la convinzione che questa sia normale, inevitabile, che il principio base sia che la vita fa schifo e che chi crede nella carta costituzionale, nelle varie convenzioni dei diritti umani e bla bla, sia un invasato/disadattato. Il medioevo è la passione per la morte, anzi, è la morte. La regola è la sopravvivenza in una condizione che di base fa schifo. Chi si ribella, chi arrivato alle strette della sopravvivenza produce uno scatto di ribellione e si appella alle Leggi della civiltà, rompe la regola della sopravvivenza altrui, induce a svegliarsi a forza, a riflettere sull'inerzia con cui ci si sta lentamente lasciando andare all'oblio. Io denuncio. Ecco a voi una lettera che, in quanto referente del Movimento per l'Infanzia, ho ricevuto. E' un uomo che scrive: un fratello. Basterà a eliminare il sospetto che le donne vogliano vittimizzarsi? Sarà sufficiente a fare comprendere quali violazioni sistematiche (il caso è uno dei centinaia di cui siamo a conoscenza) stanno accadendo quotidianamente?


"Buongiorno,Mi chiamo Giacomo (nome di fantasia) e le scrivo da ******, volevo esporle il caso di mia sorella ******* e dei suoi due bambini. Mi sorella per anni ha subito violenze, maltrattamenti dal suo ex marito davanti ai figli, rischiando anche di essere buttata giù dal balcone dal quarto piano, dobbiamo ringraziare solo il Signore che mia sorella è ancora viva. Poi precisamente nel settembre dell’annoscorso ( 2013 ) dopo l’ennesima violenza, premettendo che già mia sorella aveva iniziato le pratiche per la separazione e dopo numerose denuncie fatte, si è rivolta ad un centro anti-violenza qui a *****, precisamente presso *****.  Fortunatamente da quel momento questa persona è stata allontanata, ed è stata anche arrestata, per poco tempo, perché aveva anche picchiato un sua presunta fidanzata a Roma. Comunque questa persona non si è arresa è a oggi continua ancora a minacciare mia sorella, ultima denuncia fatta da Agosto 2014, fino al punto tale che in un anno mia sorella ha cambiato quattro volte il numero di telefono e si è dovuta cancellare da tutti i social network perché continuamente minacciata, anche tramite sue amiche. Dopo i vari processi affrontati sia penali che civili, non ancora conclusi, volevo chiederle per quanto riguarda la questione dei minori, perché
   **/10/2014 è iniziato quello presso il Tribunale dei Minori. Premettendo che da ottobre 2014 i mie nipoti sono stati seguiti, con visite anche a casa dagli assistenti sociali, e ascoltati anche dalla Dott.sa ***** psicologa del centro antiviolenza che ha inviato una relazione dettagliata al tribunale dei
minori, in cui diceva che per ora il padre non doveva vederli. Ieri però nel tribunale dei minori, la psicologa designata al colloquio, insisteva che il padre doveva vedere i minori, e mia sorella doveva collaborare, riprendendo rapporti anche con il suo ex-marito perché si doveva iniziare questo percorso in cui poi alla fine come gli ho già detto i minori dovevano vedere il padre. Quello che non capisco è questo, in una separazione normale, voglio anche ammetterlo, perché capita che una madre faccia resistenza di proposito per non far vedere i figli al padre, ma nella situazione di mia sorella noncredo, ma poi ad insistere con mia sorella che doveva collaborare perché se nogli venivano tolti i bambini, voleva anche mia sorella dava al suo ex marito il numero di telefono. Ancora oggi non capisco, un uomo che ha tentato di uccidere mia sorella, gli danno ancora la possibilità che possa vedere i propri figli, dove dalle varie relazioni si evince che i minori non lo vogliono vedere, e questo non dipende da mia sorella ma da tutto quello che i minori hannovisto negli anni. Poi non possono dire a mia sorella che deve convincere i minori a vedere il padre, soprattutto in questo caso. I minori sono due uno che deve compiere * anni e la bimba di * anni.
 [.........]
Nel ringraziarla le auguro una buona giornata.
***** ******** "








Vittoria Camboni.

sabato 30 novembre 2013

Si zittisca.

Ho visto questo video un paio di anni fà. 

Da allora mi frullano per la testa alcune parole e immagini. Da allora ho rivisto a rallentatore queste parole e immagini, per cercare di non morire di sfiducia verso le istituzioni. Non morire totalmete, almeno. E invece no. Ogni volta mi uccidono. Non mi uccide l'empatia della madre a cui hanno sottratto una bimbetta di diciotto mesi; non mi uccide il giramento di testa che mi prende quando penso alla bimbetta a cui è toccata questa sorte nel modo descritto; non mi uccidono le lucide considerazioni del conduttore e nemmeno le deduzioni logiche degli interventi degli psichiatri e dell'avvocato. C'è questo pensiero, vi dicevo, che mi gira impunemente per la testa: il pensiero che la presidentessa del Tribunale dei Minori avesse chiarito sin da subito di non conoscere le carte della vicenda che le veniva posta (al minuto 37:50 circa "Io non ho letto la perizia, non conosco il caso"); cosa umanissima; cosa anche comprensibile. Allora - mi sarei aspettata- almeno da parte sua il beneficio del dubbio che forse davanti a lei ci fosse una vera vittima di un' azione disumana. Dato che non conosce le carte, almeno il dubbio. E nel dubbio di avere di fronte una storia tanto ingiusta, nel dubbio di presiedere ad un Tribunale che abbia cagionato tanto danno alla vita di due persone, danni molto vicini alla morte, la presidentessa nell'atterco verbale risponde alla presunta vittima: 
"si zittisca!" ( al minuto 55.12 circa). Questo, è quello che mi frulla in testa da circa due anni, almeno una volta al giorno. Di fronte alla vittima di una situazione tanto grave (seppur potenziale, dato che non conosce il caso), chi esercita un potere non concede nemmeno la comprensione dell'esasperazione ma un autoritario " si zittisca! ". 

Come un'animale che si scrolla di dosso una mosca fastidiosa. 

Mi chiedo: se lei reagisce così, signora, come avrebbe reagito dalla parte della vittima di un'azione così crudele come la sottrazione, in quattrordici, di una bimba tanto piccola? Una bimba che lei avesse difeso dalla violenza, partorita, allattata nella perenne paura della violenza già sperimentata, mai più vista, affidata al pericolo dal quale lei la difendeva? Sempre per ipotesi, ma dato che non conosceva il caso, doveva fare l'ipotesi, almeno. Come avrebbe reagito? Avrebbe preso un fucile e fatto una strage negli uffici che ora, invece, presiede?
Col cuore in mano, signora Cavallo, la prego di scusarsi. Lei è un essere umano, può sbagliare. In quel caso ha sbagliato. Chieda scusa, ci faccia vedere che c'è umanità nella sua vita. Ci aiuti a non finire in psicoterapia per l'odio che ci assale. Lei lo può fare, che le costa? "Scusa". Però, lo scriva bene. S-C-U-S-A. Con la sua indole viscerale, senza troppi formalismi: S-C-U-S-A. 

Basta questo per non far morire una parte del nostro spirito civile. 
Ed inoltre la perdoneremmo in tanti, sono certa, se manifestasse la sua umanità verso chi ha il cuore dilaniato.

Io sono esterefatta.


sabato 5 ottobre 2013

Ennesima proposta di legge sulla pelle dei bambini e delle donne.



Ho avuto, questa notte, l’infelice ma doveroso regalo di leggere –finalmente- la famosa pdl 1403 http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0010590.pdf

Come tutte le pdl, tutti i decreti, tutte le belle cosette fondate sui giochi di parole che avvengono nei piani alti delle decisioni politiche e che si trasformano nel pane di tutti, il rischio, per un occhio non attento, è l’ubriacatura del pensiero. I politici, a sentirli così, senza seguirli, senza pregressi, senza memoria storica, parlano talmente bene che sembrano inopinabili. Ora, nel proseguire questo articolo, vi chiedo lo sforzo di seguirmi in qualche volo pindarico, una visione dall’alto di una situazione della quale potrebbe legittimamente non importarvi nulla se non foste esseri senzienti, ma che sono certa vi interesserà abbastanza dal permettervi di farvi un’idea un po’ più nitida della protezione che noi, Italia 2013, destiniamo ancora ai più deboli, con i nostri figli a capofila delle vittime. Questa mattina ho letto il seguente commento di un utente fb:
“La maternità non è una malattia”…

Voglio partire da qui e scusate se faccio un esempio un pò creativo ma ho bisogno di trarre forza dalla metafora che mi ispira questo concetto. La maternità non è una malattia: anche respirare non è una malattia.

Supponiamo che uscisse una tassa sull'aria respirata in totale in un nucleo familiare. La conseguenza sarebbe che le famiglie povere e numerose, dunque individui poveri, subirebbero una costrizione fisica, frustrante, dolorosa e dannosa a breve, medio e rischio di lungo termine per il fatto di dover razionalizzare l'aria (provate a  respirare un po’ meno aria solo per qualche minuto). Una donna incinta è come una famiglia: due individui che convivono e devono necessariamente tenersi conto reciprocamente. Non è una scelta: è un fatto ontologico alla condizione di gravidanza. Mettere la donna incinta nelle condizioni di razionalizzare le risorse, vuol dire portarla ad una costrizione fisica non solo dolorosa, ma rischiosa per l'evoluzione di entrambi gli individui. Non entro in una sfilza di esempi tratti dal quotidiano di una donna incinta. Cos’è razionalizzare le risorse per le donne? Le dimissioni in bianco, per esempio. Il fatto che se si è madri non tutti i datori di lavoro valutano le assunzioni in modo adeguato, specie se sono sole, specissimamente se sono neomadri. E adeguato vuol dire tenere conto che una donna madre probabilmente si assenterà più spesso e che questo per tutta la società potrebbe essere (potrebbe) un valore aggiunto perché vuol dire consentire a quella donna anche di allattare e favorire la fondamentale cultura dell’empatia, della creazione di valore sulle competenze globali di un individuo e non sui compartimenti stagni. Infatti sarebbe stupendo se le leggi consentissero pari permessi parentali anche ai padri, ma così non è, perché il concetto di cura parentale paterna non fa riferimento alla gravidanza ed alla primissima fase di vita dei figli. Ma…che dico? Che c’entra l’empatia con la resa produttiva e con la competitività dei mercati e con il PIL? Se non c’entra allora smettetela di piazzare solo le donne nei posti per educatori degli asili nido, fatevi impiantare un utero e squarciatevi per far sopravvivere la nostra specie e per avere la più grande soddisfazione della vostra vita, evitate di mangiare, respirare e dormire perché tutte queste cose sono inutili perdite di tempo sottratte alla produzione. Non so se è chiaro. Non so se è abbastanza terra terra. Non so se è abbastanza concreto. Non so se vi rendo l’idea che una madre non è una badante non stipendiata, così come volete trattarla finchè i pargoli gioiellini non sono abbastanza svezzati per poterli esibire (svezzati secondo voi, esibire secondo voi: non certo tenete conto delle loro vere esigenze). E poi dite che se la sono cercata loro, le madri, perché il fatto di non avere prodotto abbastanza fuori casa è una penalizzazione, e molte donne che pensano di essere veramente libere perché si dedicano solamente alla carriera, o meglio al vostro modo di “concepire” la produttività,   ci cascano e vi seguono, vi difendono al posto vostro addirittura! Ma dove siete, esseri celati che ramificate nella latenza e mandate capri espiatori a rapire i figli! Usate, sfruttate fino al midollo, mortificate, poi le chiamate indistintamente pazze perché reagiscono, perché non reggono, perché se passate sopra ad una persona con la macchina non potete darle gli psicofarmaci quando si lamenta dal dolore. Siate consapevoli di quanto la nascita dei piccoli  che voi dite di amare e di difendere nel diritto principe alla bigenitorialità passi sul corpo, sulle privazioni, sulle scelte anche inconsapevoli di molte donne, una quantità inimmaginabile di nomi sommersi, ricattati dal non dover apparire troppo altrimenti sarebbero istrioniche, esibizioniste in contesti di quartiere o di paese in cui non certo si va a spelacchiare nell’indagine specifica ma le consuetudini e i pregiudizi continuano ad alimentare il tessuto connettivo. Madri che se poi sono abbastanza razionali da denunciare create (voi che proponete simili proposte di legge) la farsa delle false accuse, dello stalking giudiziario: tutti giochi delle tre carte per confondere le idee a chi - i politici, la magistratura, la parte inquirente, gli organi ausiliari- vive la crisi di risorse che viviamo tutti, estenuati dalle vaporizzazioni continue alla ricerca dell’oggetto: i fatti, cosa realmente accade. Dove cosa realmente accade, ovvero il “fatto” importante nel definire la misura di una legge che garantisca il diritto dei bambini alla bigenitorialità, è semplice: VERIFICARE qual è il care giver principale, la figura di principale accudimento, quella che ha DIMOSTRATO di sopperire sempre a TUTTE le esigenze dei figli, con o senza aiuto, con o senza complementarietà,  anche proprio malgrado. E se si vuol fare questa verifica si scopre che non sono più le donne a privare i figli dei padri ma che questi padri sono assenti per loro scelta o compaiono magicamente dopo i primi anni, quelli più assorbenti nell’accudimento dei piccoli, quando le madri lamentano ufficialmente la scarsezza delle loro risorse; oppure, che questi padri confondono la richiesta di una funzione complementare con la privazione totale della madre, o sua sostituzione (che è uguale). Insomma, una marea di gente che non capisce il proprio posto. E voi donne, finitela di prendervela tra voi: i padri non sono dei poveretti indifesi e se lo sono è evidente che non hanno adeguate capacità genitoriali, per cui dovete chiedere, semmai, di essere aiutate a far maturare i padri nell’esservi complementari. Non distraete i vostri obiettivi, che Quelli della vostra distrazione approfittano per costruire nuovi strumenti per ubriacare le menti.
 
Tappe della giustizia umana, che pur si basa su bellissimi articoli, ostruite, ostacolate per consentire una falsa e ipocrita bigenitorialità in cui il debole, il bambino/a, paga amarissime conseguenze e con lui tutta l’umanità futura, destinata alla morte per vostra sentenza.

A commento della pdl 1403 non posso che aggiungere tutto quello che è già stato scritto in risposta del fu disegno di legge 957 e cloni a seguire, e vi rimando a questo http://www.movimentoinfanzia.it/il-ddl-9572008/.


Vittoria Camboni.

martedì 28 maggio 2013

APPELLO PER IL DIRITTO DEL MINORE ALL'ASCOLTO


APPELLO PER IL DIRITTO DEL MINORE ALL' ASCOLTO ED ALLA TUTELA DALLA
VIIOLENZA



I sottoscrittori del presente documento, in seguito ai recenti fatti di cronaca ed all’acceso dibattito
che ne è conseguito, ritengono utile ribadire che:

1. il diritto alla bi-genitorialità è termine abusato e mal-usato. Esso, infatti, appartiene al
bambino e non al genitore, deve essere offerto e non imposto. Inoltre, non può travalicare i
diritti costituzionali prevalenti che sono: il diritto alla salute, all’integrità psico-fisica, alla
libertà di espressione di sé, nonché il diritto ad essere ascoltato.
2. Il minore* ha diritto ad essere ascoltato, in ogni situazione, sulle vicende traumatiche che
lo coinvolgono, direttamente o come spettatore. L’ascolto deve essere competente e
finalizzato a tutelare la sua salute e integrità psico-fisica. Deve essere, inoltre,
accompagnato da prove di contesto del suo stato di benessere o malessere, senza
tralasciare l’anamnesi storica e personale, i contesti di vita acquisendo anche testimonianze
privilegiate (pediatra di base, insegnanti etc).
3. La credibilità della testimonianza dei bambini, pure se deve essere oggetto di attenta
analisi, non può però essere aprioristicamente svalutata da principi privi di scientificità,
avulsi dalla comune esperienza e funzionali solo alle difese degli adulti chiamati a
difendersi da accuse di violenza. L'influenzabilità dei bambini va oggettivamente rilevata
caso per caso e non può essere presunta, i falsi ricordi (di episodi di violenza traumatici o di
abusi sessuali) non possono essere indotti con semplici suggestioni, con la reiterazione
delle interviste, né attraverso oscuri e inesistenti fenomeni quali l'assecondamento alle
ansie dei genitori o la confabulazione spontanea, ma solo attraverso intenzionali e invasive
tecniche manipolatorie e induttive. La ripetizione del racconto dell'abuso o della violenza di
per sé non ne depotenzia il portato testimoniale, la rivelazione del bambino può avvenire in
tempi brevi o per tappe successive senza per questo essere ritenuta non credibile. Il rifiuto
o la paura del bambino nei confronti di un genitore, in presenza di denuncia di violenze o
maltrattamento, è da considerarsi, generalmente e fino a prova contraria, una naturale
forma difensiva.
4. Aderiamo a quanto affermato dalle principali istituzioni internazionali di garanzia dei diritti
umani e del diritto alla salute: la violenza familiare contro le donne e i bambini - è un
fenomeno trasversale, nascosto, di vaste dimensioni ed è una priorità del sistema
sanitario e di giustizia. Ad essa deve guardare ogni professionista responsabile quando
impatta con problemi di salute di donne e minori e con comportamenti di minori
presuntivamente “anomali”. Enfatizzare allora la presenza di falsi positivi a fronte dell'ampia
diffusione del fenomeno della violenza domestica significa diffondere una cattiva e
malevola informazione (una denuncia non provata non è prova che la denuncia sia falsa,
non è quindi un falso positivo) e alimentare una cultura adulto-centrica contro gli interessi
di Giustizia e tutela della salute a favore di bambini e donne.
5. Costrutti scientifici, come la PAS e correlati (Alienazione Genitoriale o Alienazione
Parentale), fondati su posizioni tecniche che non tengono conto dei diritti del minore ad
essere ascoltato, alla tutela della sua salute esponendolo al grave rischio di affidamento
(diritto di visita, etc.) al genitore dal bambino indicato come maltrattante e/o abusante,
sono da considerarsi nocivi, illegittimi, privi di etica e di fondamento scientifico.
Ricordiamo che il genitore maltrattante è anche colui che fa assistere il bambino a
maltrattamenti, atti di violenza o aggressioni nei confronti dell’altro genitore (in genere la
madre da parte di un partner maschile), come affermato anche nella Risoluzione 1714/2010
del Consiglio d’Europa sui minori testimoni di violenza.
6. La PAS, Alienazione Genitoriale o Alienazione Parentale che dir si voglia, è spesso invocata
dai consulenti che la sostengono anche quando un bambino lamenta violenze (fisiche,
sessuali o psicologiche) subite da parte del genitore ‘alienato’, prima ancora quindi che il
processo penale accerti le relative responsabilità, creando così un procedimento valutativo
manifestamente illogico e circolare, a danno dei bambini, la cui testimonianza viene
preventivamente considerata inattendibile basandosi sul pregiudizio della presenza di un
disturbo "inesistente" (PAS, Alienazione Genitoriale, Alienazione Parentale).
7. Denunciamo l’uso strumentale, distorto e fuorviante, da parte di operatori socio-sanitari
(medici, psicologi, assistenti sociali, operatori di comunità, etc.) e di giustizia del concetto di
‘conflittualità familiare’. E' questo un principio abusato, utilizzato in modo acritico e a volte
in maniera irresponsabile che rischia di diventare uno strumento ideologico per occultare e
nascondere il reale fenomeno della violenza familiare. L'enfasi che si vuol dare alla
conflittualità familiare è quasi sempre finalizzata a sottovalutare la credibilità di chi lamenta
e denuncia forme di maltrattamento o violenza, mentre vi è una forma di resistenza nel
considerarla, invece, conseguenza necessitata dall'esercizio della violenza stessa.
8. Le pratiche di “lavaggio del cervello” (brainwashing), condizionamento, alienazione,
manipolazione mentale a danno dei figli, quando sono reali, rientrano in una tipologia di
maltrattamento e costituiscono gravi violenze psicologiche che minano l’identità personale
ed esitano frequentemente in disturbi psico-traumatici. Questi gravi tipi di maltrattamenti
però, come ogni reato, devono essere provati in sede penale e devono, in sede civile, essere
individuati attraverso elementi certi ed obiettivi. Il solo rifiuto del bambino non è un
elemento significativo per individuare tali condotte: esse infatti, quando in essere, danno
luogo a distorsioni percettive che hanno effetti sul sistema psichico individuale e relazionale
del minore e non possono prescindere dalla attenta valutazione dei motivi che hanno
generato timore, paura e disagio. Desumere dal solo rifiuto di un figlio verso il genitore la
presenza di comportamenti che fanno riferimento alla "Alienazione Genitoriale o
Parentale" è un'operazione priva di serietà scientifica e logica giuridica.
9. Nella valutazione del rifiuto di un genitore da parte di un figlio, riteniamo indispensabile
procedere con l’indagine e la rilevazione della presenza o meno di segni di violenza
domestica. L'esposizione di un minore a violenza familiare è infatti un fenomeno
statisticamente diffuso, nascosto e pericoloso con esiti molto gravi, sia a breve che a lungo
termine, per la salute. Anche la sola violenza assistita, ove il minore è testimone passivo,
può motivare e giustificare il rifiuto da parte del bambino e deve portare ad interventi di
tutela del minore e della madre, come richiesto con forza dagli organismi internazionali
(Parlamento Europeo: Risoluzioni 2006/2008/2009; Consiglio D’Europa: risoluzione 1714/2010;
Consiglio d’Europa, 7 aprile 2011 convenzione di Istanbul ‘Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence’).
10. Riteniamo che, oggi, nel nostro Paese, sia in atto una vera e propria propaganda ideologica
ed una contestuale e irresponsabile pratica istituzionale (a carico di alcuni esponenti degli
ordini professionali dei medici e degli psicologici chiamati spesso a svolgere perizie ed, a
carico di alcuni esponenti della magistratura giudicante ed inquirente) costruita su basi ascientifiche
che colpisce i diritti di donne, madri e bambini. Questo fronte culturale di
stampo adulto-centrico e reazionario utilizza ampiamente e indifferentemente i concetti e i
principi basati sulla PAS (che ha, come è noto, radici culturali che giustificano la pedofilia),
sulla Alienazione Genitoriale o Alienazione Parentale, sulla applicazione forzata e forzosa
della bi-genitorialità a tutti i costi. La terapia proposta, inoltre, si basa su principi repressivi
e autoritari che impongono al figlio, attraverso l'uso del potere giudiziario, la violenza (uso
della forza pubblica), ingiuste soluzioni (minaccia o attuazione del collocamento in casa
famiglia) o addirittura irresponsabili punizioni (isolamento dagli affetti, amicizie, luoghi,
relazioni sociali), e, in alcuni casi, addirittura il collocamento presso il genitore rifiutato. Tali
pratiche, proposte da psichiatri e psicologi, rappresentano vere e proprie torture per il
minore, rivelano l'assenza di sensibilità verso le esigenze di ascolto, tutela, mitezza,
gradualità verso il mondo infantile e mostrano di considerare il bambino come oggetto sul
quale esercitare potere piuttosto che soggetto per il quale adempiere doveri di cura, tutela
e protezione.
11. Oltre i casi fin qui descritti, esistono poi reali “difficoltà di contatto” nelle fasi acute delle
separazioni, segnalate anche dal rifiuto di un minore, che non procedono da violenze, e
che, generalmente, evolvono in modo spontaneo, in tempi ragionevoli, portando alla
costruzione di nuove relazioni generalmente soddisfacenti. Infatti, in base a studi
accreditati, la maggior parte dei bambini mostra di adattarsi bene ai divorzi, di trovare
nuovi modi nella relazione con entrambi i genitori e di non avere danni nella vita adulta.
Tale “naturale evoluzione” è messa in crisi proprio da interventi tecnici inappropriati che
tendono a medicalizzare il campo evolutivo delle relazioni familiari non certo a beneficio di
alcun componente della famiglia.
12. In accordo con l’American Psycological Association auspichiamo che i Magistrati ed i
professionisti implicati in procedimenti giudiziari riguardanti la custodia e la cura dei
bambini, prendano in seria considerazione ogni report di violenza domestica e valutino
criticamente ogni rifiuto di un bambino verso le visite ad un genitore, essendo oramai
pacifico e condiviso dalla Comunità Scientifica che un figlio oggetto di violenza (fisica,
sessuale, psicologica o assistita) debba essere protetto e rispettato nelle forme di rifiuto,
timore o paura che nutre verso il genitore violento. La frequenza del genitore abusante
infatti, può determinare grave danno nella formazione della personalità, dell'autostima e
dell'equilibrio personale.
13. L’allontanamento dei bambini dalla famiglia di origine, contro la loro volontà, è una scelta
drammatica e di tale potenziale violenza da poter essere giustificata solo nei casi di pericolo
gravissimo ed imminente per la vita, lesioni personali o abuso sessuale. Tuttavia, anche in
questi casi, non deve MAI essere attuato con l’uso della forza, con intervento della forza
pubblica e con violenza. Il trauma che ne deriva al bambino, sia per la violenza dell’atto in
sé che per la paura, il senso di perdita e smarrimento, può essere di entità tale da
condizionarne drammaticamente tutta la vita futura.
14. Chiediamo infine che, nell'interesse esclusivo del minore, in ambito civile, siano sempre,
tempestivamente e seriamente adottate misure di tutela e protezione a favore dei
bambini, tutte le volte che siano presenti elementi che rivelino il rischio che uno dei due
genitori abbia maltrattato o usato violenza ai figli o all’altro genitore, indipendentemente
dagli esiti del processo penale. Se in ambito penale infatti è legittimamente applicato il
principio del favor rei, in base al quale la sentenza di condanna può essere emessa solo ed
esclusivamente quando il giudice sia convinto oltre ogni ragionevole dubbio della
colpevolezza dell'imputato, in ambito civile invece si deve applicare il favor pueri, (interesse
esclusivo del fanciullo) e pertanto vanno attentamente valutati i pericoli che possono
mettere a rischio il minore obbligato a frequentare un genitore che, secondo i criteri
valutativi del più probabile che non (utilizzati in ambito civile) potrebbe avere maltrattato,
usato violenza o abusato del minore. Su tali posizioni si sta formando una illuminata
giurisprudenza di merito che va incoraggiata e valorizzata.
15. Sottolineiamo la preoccupante proliferazione di quei luoghi deputati al ‘reset mentale’
che ospitano, soprattutto al nord, minori ai quali è stata diagnosticata una PAS o individuata
l'Alienazione Genitoriale o Parentale, insieme alla forte preoccupazione che queste
irresponsabili terapie siano somministrate ad un numero imprecisato, forse molto alto, di
bambini, collocati in case famiglia. Vi sono casi di minori che hanno rivelato episodi di
violenza esercitata dal padre, che sono stati sottratti alle cure materne, collocati in casa
famiglia o addirittura presso il padre, in base a perizie ideologicamente (PAS e Alienazione
Genitoriale) e pregiudizialmente (false memorie, falsi positivi, amnesia infantile) orientate a
negare ascolto, attendibilità e credibilità alle parole, ai disagi, alla sofferenza dei bambini.
Per questo motivo - e con questo ci colleghiamo a tutte le altre richieste che vanno in
questa direzione - chiediamo, in maniera forte, interventi urgenti agli organismi
competenti.
Chiediamo l’istituzione di una Commissione di Valutazione dei casi diagnosticati come PAS o
Alienazione Genitoriale o Parentale che prenda in carico i destini dei minori che hanno “subito
un trattamento segregativo”, che sono stati addirittura collocati presso la dimora del genitore
accusato di violenza, o che si sono visti limitati nelle relazioni con il genitore protettivo
(limitazione alla potestà, affidamento ai Servizi Sociali) per valutarne gli esiti.
Chiediamo agli ordini professionali di valutare l’adozione di misure interdittive nei confronti
dei professionisti (periti e consulenti) che hanno consigliato, adottato e praticato diagnosi (PAS
o Alienazione Genitoriale o Parentale) e terapie a-scientifiche violente, ingiuste o irresponsabili
nei confronti dei minori.

Proponentii e Sottoscriittorii - Maria Serenella Pignotti, pediatra medico legale, Firenze; Andrea
Coffari, avvocato, Firenze; Elvira Reale, psicologa, Napoli
Per adesione inviare mail a documentoproinfanzia@email.it
Specificando nome, città di residenza, professione e telefono.
Quest’ultimo, necessario per eventuali verifiche, resterà riservato.


Allegato 1
I sottoscrittori di questo documento, inoltre, si esprimono contro le affermazioni contenute nel
documento denominato dai suoi autori “psico-forense”1 scaturito dalla accesissime polemiche
relative agli eventi giudiziari che hanno coinvolto il “bambino di Cittadella” nell’ottobre 2012.
Nel documento “psicoforense”, tornano tutti i presupposti, tautologicamente ammessi, della PAS
stessa attraverso l'enfatizzazione dell'Alienazione Genitoriale o Parentale, operazione culturale
fortemente pregiudizievole per i diritti umani di cui godono anche donne e bambini.
- Il documento riporta l’affermazione che le condotte ostacolanti l’esercizio del diritto del bambino
a frequentare entrambi i genitori sono censurabili e possono configurare maltrattamento
psicologico. A fronte di tale affermazione deve esser sottolineato che sono sicuramente più
censurabili quelle condotte che, non ascoltando il bambino lo costringono a subire contatti che
non desidera e che lo possono addirittura esporre a violenze e maltrattamenti reiterati.
- Nel documento, gli autori si riportano al principio, mai dimostrato, che si ispira alla PAS di
Gardner secondo il quale ogni volta che un bambino mostra rifiuto per un genitore egli sia
implicitamente oggetto di indottrinamento, lavaggio del cervello, manovre di condizionamento da
parte dell’altro genitore e che, per questo, egli non debba essere ascoltato e le sue parole
destituite di fondamento e credibilità. Riteniamo che tale principio ponga un irragionevole, ascientifico
e pernicioso pregiudizio di attendibilità sulla testimonianza del minore
- Consideriamo infondato un altro giudizio, espresso nel documento, che riportiamo per maggiore
chiarezza: “Il fenomeno del bambino conteso e “schierato” a difesa di un genitore contro l’altro
risulta, purtroppo, molto frequente nelle separazioni caratterizzate da un’alta conflittualità in cui i
partner, anche a causa delle loro caratteristiche di personalità, non riescono ad elaborare in modo
evolutivo e riflessivo l’evento separativo”.
- Riteniamo che il giudizio di “alta conflittualità” nelle separazioni sia una valutazione
approssimativa e grossolana, non fondata su un’analisi tecnica che discrimini le situazioni di
conflittualità da quelle di violenza contro le donne o i bambini nella relazione familiare. Il
fenomeno del bambino schierato o rifiutante, in molti casi, non è frutto di semplici conflittualità,
ma di situazioni di violenza cui, nel migliore dei casi, il minore è spettatore. In questo caso riferirsi
alle “caratteristiche di personalità” e/o alle problematiche personali derivanti da un non elaborato
“lutto da separazione” quale causa primaria nelle difficoltà di contatto dei figli con uno dei due
genitori rappresenta un'indicazione altamente fuorviante nella individuazione delle effettive
responsabilità e rischia di creare un grave danno al minore ed alla sua tutela. Tale principio che
vediamo presente in molte delle CTU/CTP dei firmatari del documento psico-forense rivela una
pericolosa e inspiegabile cecità nei confronti del problema della violenza intra-familiare, grave
fenomeno ancora in gran parte sommerso, la cui preoccupante diffusione è documentata da
numerose ricerche scientifiche. A causa della quale, in aggiunta, l'Italia ha recentemente ricevuto
l’ennesima condanna dall’ONU (21.6.2012).
(1. Documento psicoforense sugli Ostacoli al diritto della bi-genitorialità e sul loro superamento.
http://www.psicologiagiuridica.eu/psicologia-giuridica/43-separazioni-e-divorzi/338-documento-psicoforense-sugliostacoli-
bigenitorialita.html)

- Nel documento si cerca di accreditare nuovamente la PAS sotto altro nome e configurazione (non
più una sindrome, ma un disturbo relazionale, pur sempre un disturbo ovvero una patologia!)
riportandosi ad altra sindrome: quella del bambino maltrattato. Tale equiparazione è
assolutamente infondata ed improponibile in quanto la sindrome del bambino maltrattato
descritta 50 anni fa, è ampiamente riconosciuta dalla società scientifica internazionale
(diversamente dalla PAS), definita con precisione, con segni e sintomi, quadro clinico, dati
epidemiologici, prognosi e terapia.
- Il documento, quindi, procede a definire i segni che configurano la condizione di Alienazione
Parentale -sia essa sindrome o problema relazionale, che sono: un “ingiustificato rifiuto” , talora
solo “parzialmente motivato”, un “voltafaccia”, il “disprezzo non solo per un genitore ma per
l’intera sua famiglia d’origine e/o ricostruita”. Tali aspetti o segni sono, per l’appunto, quelli
ampiamente criticati che hanno portato al definitivo crollo della struttura pseudo-scientifica della
PAS, trattandosi di valutazioni soggettive, non definite, non quantizzate, inaccettabili nell’epoca
della Medicina delle Evidenze. Chi stabilisce che il rifiuto sia “immotivato o ingiustificato”? su che
base? ed ingiustificato il “disprezzo per l’intera famiglia”?
La PAS ED I SUOI CORRELATI - sconfermati dagli organismi scientifici internazionali e nazionali,
Società Scientifiche ed in ultimo anche dal nostro Governo (Sottosegretario alla Sanità)- ed i suoi
principi di riferimento costituiscono unicamente una
NEGAZIONE DEL DIRITTO DEL BAMBINO AD ESPRIMERE LIBERAMENTE LE PROPRIE
OPINIONI, I PROPRI DISAGI, AD ESSERE ASCOLTATO NEI PROCEDIMENTI CHE LO
RIGUARDANO E AD ESSERE TUTELATO
ed una
NEGAZIONE DEL DIRITTO/DOVERE DELLE MADRI DI DIFENDERE I PROPRI FIGLI E DI
RIFERIRSI AGLI ORGANISMI PREDISPOSTI PER OTTENERE SUPPORTO E AIUTO
E portano con sé il devastante effetto di ostacolare il buon andamento della Giustizia.

• Nell’ambito del presente documento il termine “minore” è usato esclusivamente nell’accezione
comunemente usata in psicologia giuridica

martedì 14 maggio 2013

Emozioni di un congresso.

Diciamo che le generalizzazioni non ci piacciono. Amiamo gli studi, le indagini sui fatti, gli studi scientifici, le traduzioni serie, chi si racconta non per lamentarsi ma per la verità. Non ci piacciono le crociate, soprattutto per partito preso. Dunque evviva la casa famiglia che svolge il compito per cui è nata. Evviva l'assistente sociale che rispetta il codice deontologico. Non è certo contro le persone che ci muoviamo. Noi ci muoviamo in battaglia contro i comportamenti irresponsabili, i comportamenti stolti di chi abusa del proprio potere, l'abisso consentito tra chi mette un timbro e chi ne subisce le conseguenze. Noi ci indigniamo di fronte a chi pensa di non dover chiedere "scusa", chi non risarcisce il danno, chi non guarda negli occhi colei o colui che subiranno la decisione di quel timbro (qui). Ecco, di ritorno dal Congresso del Movimento per l'infanzia, sento il dovere di fare un report sulle emozioni che personalmente ho vissuto, veloce e incisivo.

Si è molto dibattuto sulla funzione dei servizi sociali e sulle strutture di accoglienza per minori. C'è stata l'acredine massima verso il malfunzionanamento di un sistema a-logico (a-logico perchè segue una logica esattamente contraria a quella che dovrebbe) e nazista che punta la sua forza sulla deresponsabilizzazione degli operatori, ma c'è stato anche chi ha sottolineato che "se permettete anche no", se facciamo di tutta l'erba un fascio, non siamo diversi da quelli che critichiamo. Ed è giusto, perchè se opera di verità è quella che ci impegniamo a fare, allora nessuno deve avere il timore di dire la sua. Ho sentito la testimonianza di una giovane donna che raccontava di aver subito una madre violenta e di un uomo che dirige una comunità che accoglie adolescenti figli di malavitosi. E ho pensato: siamo comunque tutti dalla stessa parte.

Ho pensato incessantemente a quella madre che vive senza la figlioletta e che doveva esserci, se non fosse crollata. Perchè siamo fatti anche di carne che si consuma e ossa che non reggono, oltre che di anima guerriera. Siamo ricattati dalla tortura di un abbraccio che è nella storia delle cose giuste, ma che manca. E se manca a una persona, manca a tutta l'umanità.

E poi. Senti la storia di Antonella Penati e non puoi non subire un pò della follia che attraversa anche la tua mente. Quella follia lucidissima che ti indurrebbe ad armarti e uccidere il male a sangue freddo. Il male è chi dice, come i nazisti appunto: "non c'entro niente". Perchè non ne possiamo più di gente che non c'entra niente, perchè chi non c'entra niente rispetto a certe efferatezze non solo non può permetterselo, ma deve restituire ogni centesimo guadagnato con quel lavoro. Poi ti calmi, perchè sai che devi fare i conti con la violenza che chiama altra violenza. Ho ascoltato e, soprattutto, letto gli occhi di Marinella Colombo, che non ci sta a non andare oltre. Non ci sta. NON. CI. STA! E con tutto quello che sta muovendo questa donna, ho sentito quel "grazie mamma per tutto quello che ci stai insegnando": un grazie che i suoi figli non possono dire e forse non sanno nemmeno che è già nelle loro vite, ma che un giorno si manifesterà perchè la verità più vera è imperitura.

E poi ho visto il sorriso di chi scrive le cose che ognuno sente in fondo al cuore, di chi è uscito da un tunnel e ritorna indietro per raccogliere gli altri. Il fuoco nelle vene di chi prende a schiaffi la stupidità delle mistificazioni. (Per esempio qui e qui)

Poi.
Poi ho visto una donna che prendeva appunti mentre aveva un bambino attaccato al seno. Un universo che in quel preciso momento stava ergendosi maestoso sulle sciagure. Che mi è sembrata una promessa di pace.



mercoledì 27 febbraio 2013

AFFIDO CONDIVISO E SALUTE PSICHICA. I RICERCATORI DICONO CHE..



(Ecco. Se non bastasse il buon senso.)

 

COMUNICATO UFFICIALE DELLA WAIMH SUL DOPPIO DOMICILIO

La Waimh (Associazione internazionale per la sanità mentale infantile) è un organismo scientifico dagli obiettivi multipli: ricerca, trasmissione delle conoscenze nel campo della prima infanzia, promozione di azioni cliniche e terapeutiche.
Ecco il comunicato ufficiale della WAIMH Francofona:
(http://www.lenfantdabord.org/wp-content/uploads/2012/10/WAIMH-residence_alternee1.pdf)

“Lunedi , 1 ottobre 2012.

Considerando che la residenza alternata è diventata oggetto di acceso dibattito nell’attuale società e che essa concerne un numero crescente di bambini piccoli, è tempo di prendere una posizione volta a proteggere lo sviluppo dei bambini.
La vocazione della WAIMH Francofona è quella di esprimere pareri sui neonati e i bambini. E’ a questo titolo che la sua posizione è precisata nel testo che segue.
Inizialmente la residenza alternata è stata prevista al fine di permettere una migliore presa in carico degli adolescenti dai loro padri, in un contesto sociologico in cui l’uguaglianza dei diritti e l’equivalenza padre-madre erano confusi.
Di conseguenza, sulla scia dell’apparente uguaglianza dei diritti sui bambini, l’applicazione della legge, dal marzo 2002, è stata estesa a tutti i bambini, qualunque sia la loro età e senza attenzione ai loro bisogni fondamentali e alla dinamica del loro sviluppo. Ora, questa estensione ha conseguenze deleterie sul loro stato psichico, che è spesso non considerato dietro i propositi generali.
Infatti, il neonato e il bambino piccolo hanno dei bisogni specifici di continuità e di coerenza che non sono riducibili a una semplice divisione temporale, sotto pena di nuocere gravemente allo sviluppo e alla genesi del legame reciproco che si tesse in modo differente tra il bambino, sua madre e suo padre, sin dalla gravidanza.
Questa analisi è sottintesa dagli elaborati provenienti da diverse materie: psicoanalisi, eziologia, teoria dell’attaccamento, neuroscienze..
Dall’insieme di questi elementi scientifici, ne derivano attualmente i seguenti punti basilari:
  • Il legami del bambino con la madre e con il padre sono qualitativamente diversi e indiscutibilmente complementari;
  • Per una relazione stabile e ottimale, il bambino ha bisogno di una relazione stabile e continua, fonte di sicurezza, con una figura principale (referente principale); tale relazione si instaura preferenzialmente con la madre in continuità del legame prenatale, in normali condizioni di sviluppo;
  • Il ruolo del padre in seno alle interazioni precoci e primordiali, in quanto egli propone una specifica modalità relazionale di cui beneficiano sia il bambino, nella sua apertura alla diversità, sia il padre stesso, nella costruzione della sua paternità;
  • Il padre può rivestire il ruolo di referente principale qualora le capacità psicologiche e relazionali della madre siano deficitarie e qualora egli stesso sia adatto a tale funzione;
  • Infine, la distinzione tra il ruolo paterno e il ruolo materno non significa che il bambino amerà l’uno meno che l’altro;
In caso di separazione, possono presentarsi molteplici tipi di situazioni.
Una prima situazione nella quale, malgrado la loro separazione,i genitori si intendono sufficientemente per cooperare e per uniformare le abitudini di routine dei figli.
Anche in questi casi, è importante porre attenzione alla modalità di collocamento per garantire la continuità di relazione tra il bambino e la figura referente principale; se quest’ultima è rappresentata dalla madre, come nella maggioranza dei casi,l’accesso del padre al bambino deve essere mantenuto solo ad un ritmo e per una durata appropriati.  Considerare il ruolo della figura principale di riferimento vuol dire chiedere al padre una generosità esemplare.
I problemi non sono gli stessi nel primo, secondo e terzo anno di vita. Da qui l’importanza di fare riferimento al calendario di Brazelton, modificato da M. Berger e J. Phélip (allegato 1). Per esempio, in questa prospettiva, fino all’età di almeno due anni, se i collocamenti notturni non sono regolari, devono essere evitati in quanto potrebbero essere la fonte di turbe psichiche o psicosomatiche, forse durevoli, nel bambino.
Le ricerche concordano nel sostenere che per i bambini piccoli la residenza alternata non è raccomandata anche in caso di accordo tra i genitori.
Una seconda situazione è più frequente: i genitori sono in conflitto. In questi casi, con il falso pretesto dell’uguaglianza dei diritti, il bambino è letteralmente preso in ostaggio nella guerra tra i genitori, che lo usano come intermediario. I segni di sofferenza psichica ( sentimenti di insicurezza, angoscia d’abbandono, disturbi del sonno, sguardo vuoto, aggressività, costernazione, blocco emotivo, arresto relazionale ) aumentano in ragione della conflittualità a cui assistono e nella quale si trovano coinvolti.
Nei casi di conflitto cronico tra i genitori,tenendo conto dell’età del bambino,  si dovrà usare ancora del calendario di Brazelton, rivisto da M. Berger (2012).
Bisogna  considerare il consesso delle pubblicazioni, tutte concordi sul fatto che la residenza alternata è sconsigliata nei casi di elevata conflittualità, qualunque sia l’età del bambino.
Davanti all’insieme di queste pubblicazioni, è necessario difendere le seguenti posizioni:
  • La legge del 2002 deve essere riformata  (così come è stato in Svezia, Danimarca e in California)  per essere integrata con le precauzioni minime principali, quali la considerazione dell’età, dello sviluppo psicoaffettivo dei bambini e il conflitto genitoriale: tutti elementi determinanti da prendere in considerazione in tutte le decisioni relative all’affido di un bambino. La filosofia indicata  ai giudici chiamati a prendere queste decisioni, deriva dall’importanza del bisogno di stabilità per il bambino ed è tanto più necessaria quanto più è piccolo. L Gauthier dichiara che “la legge deve mettersi all’orologio psichico del bambino”. E’ necessario ricordare che l’autorità genitoriale è un diritto-funzione definito dai suoi fini, in particolare permettere lo sviluppo del bambino, nel rispetto dovuto alla sua persona (art. 371-1 del Codice Civile) e non per suo tramite;
  • L’utilizzo del concetto di “sindrome di alienazione parentale” non può mai servire come motivo fondamentale per giustificare la residenza alternata. Ricordiamoci che questo concetto non presenta nessuno dei criteri che permettono di definirlo in modo scientifico. Per questo è stata rifiutata la sua iscrizione al DSM V da parte della comunità scientifica internazionale;
  • È necessario creare un diploma universitario (DIU), interdisciplinario, per i professionisti che si confrontano con le situazioni di residenza alternata, accompagnato da una formazione permanente annuale;
  • E’ necessario mettere in opera e sostenere le ricerche e le azioni nel campo;
La giornata di venerdi 4 ottobre 2013 organizzata dalla WAIMH Francofona a Parigi sarà l’occasione per approfondire questi propositi e di favorirne la diffusione verso i professionisti, le Istituzioni e le famiglie.
Professor Sylvain Missonnier e Professor Pierre Delion della WAIMH Francofona.
Professor Bernard Golse, ultimo Presidente della WAIMH Francofona.
Il gruppo di lavoro “residenza alternata”della WAIMH francofona, coordinato da Anais Mechali, segretaria scientifica.


DOCUMENTI COMPLEMENTARI
  1. Testi di riferimento
  2. Allegato 1: Calendario di Brazelton, versione attualizzata al Settembre 2012
  3. Contatti

  1. Testi di riferimento
Australian Association for Infant Mental Health Inc (AAIMHI), branca australiana della WAIMH.
Linee guida: Bambini e cure notturne-post separazione e divorzio (2011)



Infants and overnight care post separation and divorce.pdf
Berger M., Ciccone A., Guedeney N., Rottman H. (2004).
La residenza alternata per i bambini di meno di sei anni: una situazione ad alto rischio psichico. Devenir, 16, 3, 213-228.

Delion P. e Missonnier S., co-presidenti: Comunicato della WAIMH francofona sulla proposta di legge 2009 dei deputati Maille e Decool per la residenza alternata automatica, 19 maggio 2009.

Delion P. e Missonnier S., co-presidenti della WAIMH francofona: Lettera indirizzata all’assemblea dei deputati in seguito alla seconda presentazione del progetto di legge per la residenza alternata automatica, ad opera dei deputati Maillé, Decool, Delatte, nel Settembre 2011.

Golse, B. (2011), La residenza alternata o l’interesse principale degli adulti. Articolo su Le Monde, 15 Dicembre 2011.

McIntosch J.  (2011). Considerazioni particolari sui lattanti e sui bambini durante la separazione o il divorzio: interrogazioni sulla crescita dei bambini  nel contesto del diritto di famiglia. In Tremblay R.E. (dir.), Enciclopedie sullo sviluppo dei bambini molto piccoli CEDJE  (su internet).


Phèlip J., Berger M., (2012). Divorzio e separazione: I bambini sono protetti? Parigi, Dunod.


  1. Allegato 1

Calendario di Brazelton
Pag. 243-246 del lavoro di J. Phélip & M. Berger M., (2012, Divorzio e separazione: i bambini sono protetti?Parigi, Dunod. Versione attualizzata al Settembre 2012)

Calendario di Brazelton
Una prima versione di questo calendario è stata presentata  nel 2004 da M. Berger, A. Ciccone, N. Guedeney, H. Rottman. L’esperienza quotidiana e la valutazione delle ricerche recenti (McIntosch J. 2011) rilevano la necessità di apportarvi delle rivisitazioni nel 2012 (M. Berger).

Come proporre una disposizione che permette a un bambino di beneficiare il più spesso possibile della presenza di suo padre e, nello stesso momento, senza creare una discontinuità pregiudizievole nella sua relazione con la madre? E’ evidente che tale domanda non si pone se sia il padre che la madre hanno sufficienti capacità educative. Se la madre presenta importanti turbe della personalità che ostacolano la sua relazione con il bambino(depressione grave, delirio, tossicomania ecc..) mentre il padre vi è indenne, la collocazione principale dovrebbe essere presso quest’ultimo. Proponiamo di scandire il ritmo dei contatti sotto la forma di diritto di collocamento graduale, da attuare  nelle modalità che seguono.

Utilizzo di un calendario.
E’ destinato, in particolare, alle situazioni di non intesa tra i genitori e cerca di rispondere al principio di precauzione relativo allo sviluppo del bambino. Questo calendario, che si ispira direttamente ai lavori di Brazelton e Greenspam (due ricercatori clinici conosciuti in tutto il mondo per i loro lavori sullo sviluppo psicologico dei bambini piccoli) prende come ipotesi la situazione più  frequente, dove la madre è responsabile delle prime cure (si invertirà se è il padre che ha dovuto assumersi questo compito, in seguito all’incapacità psicologica della madre). Questo calendario sarà  misurato e attenuato in base alla non- conflittualità della coppia, alla capacità del bambino di sopportare il cambiamento, all’investimento del padre nelle prime cure e in base al fatto di essersi occupato da solo  del bambino durante la notte (ad esempio per motivi di lavoro della madre). Questa è la ragione per cui tutti gli autori indicano che “alcun modello può essere adatto a tutte le famiglie”. E’ da sottolineare, inoltre, che questo calendario introduce un problema importante per la madre, che non può allontanarsi per molto tempo dai luoghi del padre,  al fine di non privare il bambino della presenza dello stesso.

Da 0 a 2 anni.
E’ il periodo più complesso perché i bisogni di sicurezza di un neonato non sono gli stessi a 2 mesi, 8 mesi, 12 mesi. Conseguentemente  abbiamo introdotto delle gradualità in questo periodo, rispetto al calendario iniziale di Brazelton. Inoltre, l’eventuale allattamento in corso limita le possibilità di allontanamento dal domicilio materno. Si pone anche la questione della distanza del domicilio dei parenti, se sono lontani. E’ necessario dire chiaramente che la nostra società non è capace di guardare in faccia questo problema, che è sempre più frequente, e di proporre delle soluzioni adatte.

Il bambino potrà incontrare suo padre dalle due alle tre volte per settimana, senza passare la notte con lui:  per una durata di due o tre ore due volte per settimana fino all’età di sei mesi, successivamente tre ore per tre volte. Due di queste mezze giornate saranno eventualmente raggruppabili in una sola giornata all’inizio dei dodici mesi. Il problema è il luogo in caso di lontananza di domicilio;in questo caso è necessario trovare una terza persona non implicata nel conflitto, se esiste un disaccordo riguardo alla collocazione: casa di un nonno, un amico comune, la baby sitter o la puericultrice. Si potrebbe proporre, per il futuro, che possa prevedersi un luogo legalmente riconosciuto a questo scopo.

Da 2 a 4 anni.
A partire da due anni e a condizione che il bambino sia ben familiarizzato con la casa paterna, si potrà aggiungere a queste due o tre mezze giornate una notte per settimana, senza che passi più di un giorno e mezzo dalla separazione con la madre.

Da 4 a 6 anni.
Il bambino potrà essere collocato presso il padre un weekend (due giorni e due notti) ogni quindici giorni, e  una giornata infrasettimanale ogni due settimane nelle settimane in cui non è collocato presso il padre durante il weekend, in modo che il bambino incontri suo padre tutte le settimane.
Questa “giornata” può svolgersi a pranzo o a cena, e poi il bambino tornerà a dormire presso la madre.
A questo proposito, si deve sottolineare che una notte infrasettimanale (ad esempio martedi o mercoledi) tutte le settimane, spezza troppo i ritmi del bambino e che non è durante la notte che un padre crea dei legami con il figlio, come avviene nella partecipazione alle attività e nei momenti di discussione con lui.
A questo si aggiunga la metà delle vacanze scolastiche, senza superare 15 giorni consecutivi a casa del padre e a condizione di mantenere dei contatti sufficienti (ma non intrusivi) con la madre, e viceversa.
Questo calendario è utilizzato in caso di conflitto coniugale importante da diversi tribunali americani (King County Family Court Service, 1989; Spokane County Superior Court, 1996).

Elasticità del calendario
Il calendario può essere reso più elastico se i genitori  avviano un procedimento congiunto, che li spingerà ad una coogenitorialità la meno conflittuale possibile. In questo caso, sarebbe interessante che uno specialista dell’infanzia competente in materia di separazione parentale (psicologo o psichiatra) valuti la relazione padre-bambino o madre-bambino,  ricevendo ogni genitore col figlio. Questo specialista dovrà rivalutare la situazione a intervalli regolari, alfine di constatare l’adeguamento ad una modalità di affido compatibile con lo sviluppo psicoaffettivo del bambino. Si  rende dunque necessaria la creazione di uno specifico diploma universitario “Valutazione e supervisione nelle situazioni di separazione/divorzio relativamente ai bambini piccoli”,  considerata la frequenza delle separazioni attuali. Successivamente al conseguimento del diploma,  i diplomati dovranno seguire  una formazione permanente annuale.


  1. Contatti

Waimh francophone

Pr.  Pierre DELION: p-delion@chru-lille.fr

Pr.  Sylvain MISSONNIER: secwaimhf@noos.fr


(V. C.)