“Madri emotivamente abusanti”
questo è il titolo di un
articolo che mi ha girato un’amica che così commentava: “Ne conosco parecchie
così. E i loro bambini? Come si difendono?”
Nell’epoca degli organismi geneticamente modificati, anch’io
sono diventata un mostriciattolo iperdigitalizzato sempre raggiungibile e
sempre in contatto (evviva) con le/gli amic* più lontan*. Capita dunque che in
quel di Monteodorisio, paesino sperduto sui monti abruzzesi, mentre parlo con l’insegnante
di sostegno di un bambino che ho seguito, mi arrivano -tra bacini wozzappati e
foto del mio campioncino in corsa- schiaffi intellettuali come quello della mia
amica: al ché una sola risposta con tutto il corredo di applicazioni fornite
non mi è minimamente sufficiente. E dunque, nell’ora di curve iperboliche che
faccio alla velocità della luce per correre dall’altra ragazzina che seguo e
che devo vedere assolutissimamente perché il giorno dopo ha l’esame, decido l’opportunità
di rimandare una risposta adeguata al mio sabato, agognato sabato di riposo,
mentre preparo l’eroe ottenne che va dal padre. Capirete che per qualunque
essere normodotato, munito di lavoro precario maltrattato che si rispetti e con
aspirazione di famiglia e casa (uhhhh! La casa!) da seguire, decidere di dare
una risposta efficace, documentata, ordunque TECNICA e non alla “dog’s sex” alle questioni tipo “come
salviamo il mondo” è un lavoro impossibile quel tanto che basta per rischiare l’asocialità.
Rispondo-non rispondo, ormai lo faccio al posto del m’ama - non m’ama delle
margherite. E alla fine rispondo. Pertanto eccomi, con una casa che abusa
costantemente il mio desiderio di tempo libero (ma ho messo in funzione la
lavatrice. Olè)e l’eroe ottenne lavato-improfumato-ciao amore ti voglio bene a
domani-partito; decido di sorvolare sulla doccia che dovrei fare e quella
piantina da reimpiantare e ANCHE OGGI sul pranzo (ddù pezzi di pane all’olio e anguria.
L’uomo si arrangia anche a sto giro), e mi metto qua sopra a scrivere. Cara
amica, ma che domanda è “come si difendono i bambini dalla madre abusante
emotivamente?”; cioè, mi sembra di dover rispondere a cose tipo “come facciamo
a sapere che le lumache non soffrono quando le mettiamo a cucinare vive”. E
allora vorrei fare sto ragionamento che potrebbe giustificare una domanda che a
me pare proprio un cortocircuito. Evidentemente
ho suscitato in te l’impressione che io sostenga scientificamente l’idea
che tutte le madri sono buone e che i padri sono cattivi. Dev’essere così. Deve
essere che tu abbia inteso che io, della bravura genitoriale, ne faccia una questione
di dotazione genitale. Oppure sei tu che pensi che tutte le madri sono
tendenzialmente abusanti emotivamente: cioè può essere che la questione della
bravura genitoriale in base alla dotazione genitale dipenda da te. Nel primo
caso è facile risponderti: anche io conosco madri abusanti emotivamente, e ne
ho letto e ho ascoltato testimonianze di tutto rispetto. Così come conosco e ho
letto e ho ascoltato testimonianze di vittime di zii, nonni, amici di famiglia,
maestri, gestori di comunità, guide spirituali ecc..: adulti emotivamente (non
solo emotivamente, purtroppo) abusanti nei confronti dei bambini loro affidati.
Così come ci sono le madri degli accusati e condannati nel famoso processo per stupro, che a sentirle lo
capisci subito perché i loro figli stanno dietro alle sbarre.
Risponderti in modo tecnico è un lavoro immane e che io non
posso fare, altrimenti muoio letteralmente dall’alienazione. Dovrei recuperarti
documenti e statistiche che ho da qualche parte e subissarti di informazioni,
ma per me che vivo in ipovenitilazione da lavoro precario e da traslochi
perenni, ora è letteralmente impossibile fornirti prova certa che la maggior
parte dei figlicidi è commessa dai padri (è un dato, non una interpretazione morale),
e che le motivazioni dei figlicidi di madri e padri sono diverse: le prime
uccidono più spesso i figli piccoli, durante il periodo in cui c’è la
cosiddetta depressione post partum, i secondi uccidono per vendicarsi delle
madri; tuttavia anche nel caso di bambini piccoli le percentuali di figlicidi
per mano paterna risultano più ampie. C’è
gente che studia anni e per lavoro fa proprio questo: statistiche. A parte sta
cosa abnorme del figlicidio, ti vorrei ricordare una testimonianza che tu
stessa scrivevi di tuo pugno per me, quando in un tribunale dei minori qualcun*
cercò di farmi passare come una madre del tipo “tendenzialmente abusante
emotivamente e non solo” riportando persino, come dato allarmante e confermante,
la mia fede buddista. Forse ti è sfuggito, ma a me no: chi scriveva queste
corbellerie e ci metteva la firma, oltre la parte interessata, erano donne:
avvocate donne e madri sostenevano queste stronz ehm, stupidaggini. Oggi, non
nel medioevo, in un tribunale pubblico!
E non faticherai a credere quest’altra
mia testimonianza: nella relazione per appurare le capacità genitoriali [1] un’assistente sociale che ignorava
letteralmente (anche dopo mie sollecitazioni) il mio vissuto quotidiano insieme
a sta creaturina piccola che ho partorito, dopo aver svolto un incontro insieme
a me e all’altro genitore, scriveva: “ad un certo punto tizio utilizzava parole inopportune verso caio, probabilmente provocato da caio”. Caio ero io. Probabilmente, ma non certamente, avevo
provocato. Ho scritto alla tale assistente chiedendo di specificare cosa tizio
avesse detto e cosa caio avesse detto per provocare (ma probabilmente).
Ovviamente il servizio scrivente sorvolò, ma ti chiedo: ci rendiamo conto che
un giudice deve decidere sulla base di fatti non detti, ma di interpretazioni?
Ci rendiamo conto che io ribadivo di subire minacce e che la mia provocazione
era il rifiuto a non ritirare una denuncia (cioè una richiesta di indagine) sugli
stessi? [2] Dato che è tutto alla viva
il parroco, niente è certo: il fatto non è mai stato riportato ma quello che
viene fuori da questa banalissima storia è sempre il pregiudizio. Caio provoca perché
è femmina, tizio risponde a comando [3]. Che poi a me questa considerazione
suona un’offesa terribile verso i maschi (uno di loro è uscito addirittura da
me): ma si possono considerare tutti come le scimmiette monciccì in mano a
donne manipolatrici? Che poi, guarda caso, le manipolatrici sono sempre le
donne controparte, mai le madri-sorelle-amiche-assistenti sociali- avvocate che
li difendono: le donne manipolatrici
sono quelle con cui non vanno d’accordo. Forse è vero in alcuni casi, non in
tutti e non nel mio. Ma non sarà mai accertabile perché andiamo avanti con le
interpretazioni dei fatti di cui non si racconta nemmeno: per cui nulla è opinabile
e a questo punto ognuno può scrivere quello che gli/le pare e poi il-la più
simpatic* vince.
Non è accertabile che riusciamo a difendere i bambini da
tutti i possibili e infiniti casi di maltrattamento emotivo-fisico-sociale in
cui possono incorrere. Quello che possiamo fare è studiare le leggi e scoprire
che è pieno di argomenti che parlano di matrattamenti psicologici (per rimanere
nel tuo tema), che abbiamo delle leggi per ogni capello e che caso per caso
bisogna fare delle indagini non del tipo da commarucce di paese. Poi possiamo
lavorare sul piano culturale e capire che non è il Caso che domina certe
situazioni ma la semplice mancanza di competenza, e che i tecnici, quelli veri,
ci sono e devono lavorare bene (che vuol dire soldi da investire) per garantire
che chi fà questi lavori sia lucido e
che abbia fatto su di sé una buona psicoterapia, o una cosa tipo 7 anni in Tibet,
per provare a mettersi in pari con i traumi che l’hanno segnato nell’infanzia
con tizio o con caio o sempronio.
Ora mi bevo un thè e vado a fare la doccia. Salutami la
Spagna e ricordati che miro ad essere ospitata J
P.s: nel caso fossi tu ad avere la convinzione che
le madri sono tendenzialmente abusanti, perlomeno più degli altri, capisci che
nessun discorso tra due madri come noi, dunque esseri tendenzialmente abusanti,
potrebbe mai avere valore attendibile sull’argomento: saremmo due cecate
a fare
a pietrate. Tuttavia ho stima di noi, come donne e madri, e lascio cadere
questa ipotesi.
Nota [1]: prima del 2012 tutti i figli nati da unioni di
genitori non sposati erano di pertinenza del tribunale dei Minori. Il Tribunale
dei Minori è nato nel 1934 con lo scopo di occuparsi dei bambini vittima della
guerra e in stato di degrado. All’epoca chi nasceva da unioni non matrimoniali
(e in chiesa) era una persona degradata. Oggi, capirai, no: rimane un mistero
per me che questa logica sia permasta sottintesa negli uffici per i minori fino
a TRE ANNI FA’. Dunque mio figlio, che sai essere nato non in costanza di
matrimonio, era di pertinenza di questo Tribunale, mentre i figli della
Franzoni (per dire) nel caso di separazione sarebbero stati di pertinenza del
Tribunale Ordinario. Il Tribunale Ordinario opera in un altro modo e nel mio
caso (in cui si decideva sulle modalità di affidamento del bambino, compreso il
mantenimento) non avrebbe investito il servizio sociale, il quale interviene
solo nei casi di abuso, abbandono e riduzione della responsabilità genitoriale
(casi che rimangono, appunto, alla competenza del Tribunale dei Minori).
Dunque, per arrivare a questo grande passo avanti nella ridefinizione di semplici
ambiti di competenza, c’è gente che ha perso le notti per moltissimo tempo.
Ringraziando il cielo che fossero solo le notti.
Nota [2]: posso ben permettermi di scrivere di queste cose perché
dopo indagine non è venuto minimamente fuori che io stessi mentendo.
Anzi.
Nota [3]: faccio notare: l’unico fatto certo di questa frase
è l’uso di modalità inopportune di Tizo verso Caio. Il fatto certo passa in
secondo piano rispetto a quel probabilmente
che congiunge la frase subordinata (provocato
da Caio) alla principale (Tizio usava
parole inopportune verso Caio), evidenziando la seconda parte e nascondendo
la prima. Ne risulta che è l’intervento di Caio che balza all’occhio (e la
nostra mente inconscia elude il probabilmente), ribaltando la direzione del
giudizio di chi legge. Un’opera d’arte, non c’è che dire.
Vittoria Camboni.